domenica 21 agosto 2011

La manovra fronteggia le circostanze ma non cambia il paesaggio, di Giuliano Ferrara

Tasse & C., il grande orrore e i piccoli orrori sostenibili

E’ un imbroglio ideologico dire che il governo si è accanito sul ceto medio, mettendo le mani nelle tasche degli italiani contrariamente alle promesse fatte da Berlusconi. Le addizionali Irpef biennali e l’imposta sulle rendite finanziarie sono chiaramente piccoli orrori sostenibili. Era una promessa da marinaio escludere, appunto “tassativamente”, che il governo Berlusconi potesse mai prelevare quattrini dalle nostre tasche a fronte del debito pubblico al 120 per cento e in circostanze di crisi finanziaria generale particolarmente pericolose per l’Italia. Temeraria la promessa, enfatica e grossolanamente demagogica la delusione. Prima gli dicono che deve tassare, poi che ha tassato, ma che si mettano d’accordo. Ho comunque tirato un sospiro di sollievo quando ho visto che i bardi della patrimoniale, il cui manifesto è stato riscritto da Massimo Mucchetti nel Corriere alla vigilia della manovra bis, e ben castigato dal direttore di quel giornale dopo molti mesi di ambiguità, avevano perso la partita. Date le circostanze, probabilmente non si poteva agire altrimenti, e Padoa Schioppa o Bersani non avrebbero fatto niente di diverso da quello che hanno fatto Tremonti e soci.

Ma parliamo delle circostanze.
E’ lì che il berlusconismo si affloscia: fronteggia le circostanze invece di cambiare il paesaggio in profondità. Non perché Berlusconi sia inetto, è che la sua rivoluzione è incompiuta, nasce e progredisce di anomalia in anomalia, si muove tra buone intenzioni e cattivi processi giudiziari, sconta un deficit di politica professionale, è l’agitarsi di un blocco sociale con la pelle esposta e una cultura politica nuova ma insufficiente alla bisogna, in un sistema politico mai radicalmente cambiato, con un meccanismo decisionale che fa pena. Non c’è alcuna macelleria sociale nella manovra bis, espressione da depravati del primitivismo linguistico. Il welfare è ancora bello corposo e produttivo di un eccezionale livello di spesa pubblica e di dipendenza del cittadino dallo stato tutore. Sanità e pensioni sono sostanzialmente intonse, e Dio solo sa se l’età di uscita dal lavoro in Italia è scandalosamente lontana da parametri accettabili, e tutti sappiamo che la spesa sanitaria è una vergognosa macchina di sprechi e di devastazione della vera salute della gente, indotta a stazionare in corsia e in farmacia per paura di ammalarsi e di morire, mentre rinuncia a vivere (quand’è che ci decidiamo ad affamare i proprietari delle cliniche convenzionate che gonfiano i costi e gabellano lo stato e i cittadini e i pazienti?). Le Borse non hanno “bruciato” le immense ricchezze che si dice nell’informazione ansiosa e puttana, perché oscillano e si muovono in base anche a spinte speculative, nel breve termine ora bruciano e poi riaccendono, e comunque hanno recuperato il recuperabile nella settimana nera, bastavano il divieto di vendite allo scoperto e la controspinta rialzista dei ribassisti del giorno prima. L’economia cartacea nell’era del circuito mediatico-finanziario è molto imbrogliona. La finanza pubblica mastodontica in mano al governo, ai sindacati e alla Confindustria, è un modello italiano-europeo che fa sorridere i cinici mercati.

Quello che secondo me manca alla manovra, e questo non è un piccolo orrore sostenibile ma un insostenibile racconto dell’orrore, è una spinta pubblica strutturale alla creazione di ricchezza privata, di lavoro, di nuove possibilità di vita libera e produttiva. Siamo già in piena canzone da tragidiaturi, e per mesi dovremo fronteggiare cori scomposti che parlano di nulla, ma quello che ci manca è la visione, il senso di uno sforzo eccezionale per cambiare radicalmente registro. Prima che capo del governo, Berlusconi è leader degli imprenditori, nel senso che è l’unico uomo di danè che abbia fatto qualcosa, nel bene e nel male, per dare alla politica un contenuto nuovo, tecnicamente liberale. Dovrebbe ora frustare gli imprenditori, portare la zizzania in Confindustria, questa disutile burocrazia di dipendenti esterni dallo stato che si associano ai sindacati corporativi e si dissociano dai capitalisti manifatturieri come Marchionne, questa associazione per lo status quo che aspetta la crescita come manna dal cielo della finanza pubblica. Forza, chi mette i quattrini per far andare le municipalizzate? Chi organizza un movimento reale contro le corporazioni chiuse, gli evasori fiscali delle grandi cifre? Un premio a chi smette di parlare di innovazioni e liberalizzazioni, e innova e pratica la sfera di libertà che esiste. Un premio a chi la pianta di fare retorica sul Sud e investe e rischia in questo gigantesco serbatoio di ricchezza compresso dall’inerzia del capitalismo più ristretto, pacchiano e minore d’Europa.

http://www.ilfoglio.it/soloqui/10028

Nessun commento: