venerdì 15 luglio 2011

Ora stop agli sperperi o non cambia nulla, di Vittorio Feltri

Finalmente i due schie­ramenti hanno deci­so di sospendere le ostilità. L'invito alla concordia è piovuto dal Colle ed è stato accolto. Meglio così. Ma dopo?


Breve nota sulle stravaganze del piccolo mondo antiquato della politica. Soltanto una settimana fa, quando l’annunciata manovra tremontiana era contenuta in una quarantina di miliardi, ci fu una reazione indi­gnata dell’intera opposizione e di mezza maggioran­za. Come mai? Era considerata troppo pesante e con­centrata nel 2014, cioè a legislatura scaduta (e quindi tale da strangolare il governo che verrà). Adesso che quei 40 miliardi,strada facendo,sono saliti a 80,guar­da un po’ i casi della vita, sono tutti d’accordo che bi­sogna approvarla subito, oggi stesso, altrimenti si corre il rischio di essere stritolati nelle fauci degli spe­culatori.

Che cosa ha provocato un cambiamento di opinio­ne tanto radicale e repentino? I politici si sono accor­ti che il problema dei problemi è il debito pubblico, che incoraggia i suddetti speculatori (sarebbe inte­ressante sapere chi siano, che faccia abbiano) a fare a pezzi il nostro Paese, distruggendone la finanza. Di conseguenza bisogna dimostrare ai mercati di avere i conti a posto, in modo che lo Stato italiano sia sol­vente, quindi affidabile e inattaccabile. Però, che intuizione hanno avuto i partiti: hanno scoperto adesso, dopo quarant’anni di incosciente gestione della spesa, che per non fallire occorre au­sterità.

Meglio tardi che mai. Finalmente i due schie­ramenti, per fronteggiare l’emergenza, hanno deci­so di sospendere le ostilità,e l’approvazione di quel­la che un tempo sarebbe stata definita «stangata» av­verrà senza intoppi, senza che la minoranza crei osta­coli. L’invito alla concordia (provvisoria) è piovuto dal Colle ed è stato accolto. Meglio così. Ma dopo? Sarà di nuovo rissa per il solito motivo: Silvio Berlusconi se ne deve andare perché la colpa dei casini è esclusi­vamente sua. Scusate, ma se il premier togliesse le tende, il debito pubblico sparirebbe di colpo? Forse vi sfugge che l’indebitamento c’era già nel 1992 e c’era già nel 1982 e anche prima?C’era nonostante non mancassero lo sviluppo e la crescita, ora invocati come una panacea, perché da mezzo secolo spendiamo più soldi di quanti ne incassiamo; e perché una serie di governi incapaci ha badato solo a distribuire risorse trascurando di procurarsele. Un controsenso. Che tuttavia non è ancora stato avvertito come tale.

Infatti qualcuno - molti - è convinto che le leggi finanziarie (o manovre o stangate) non siano soltanto tamponi idonei ad arginare il deficit di un esercizio, ma servano a rilanciare l’economia da cui trarre soldi per pareggiare il bilancio. Pia illusione.

Negli anni Cinquanta e Sessanta, il Pil volava agli odierni livelli cinesi non grazie alla politica, ma nonostante la politica. Diciamo che la Democrazia cristiana dell’epoca ebbe un grande e unico merito: quello di non intralciare gli imprenditori e di non frustrare la voglia di lavorare degli italiani. Stop. Niente altro. Il famoso boom, mai sufficientemente rimpianto, fu opera della gente, non dei suoi rappresentanti eletti, i quali si limitarono a non ingessare il sistema con regole rigide ed economicamente liberticide.

Dal 1970 in poi è stato declino. Perché il Paese si è intorcinato in una spirale di spese folli per darsi un welfare fuori dalla sua portata. Sperare ora di far ripartire a mille la macchina produttiva con una manovra fiscale, anziché con la deregulation, e col taglio delle spese sociali, che sono poi sperperi, è una ingenuità da boy scout.Immagino l’obiezione del lettore: perché allora il governo non affonda ilbisturi dove è necessario per estirpare il cancro che divora miliardi e miliardi di debito, immancabilmente compensati dall’inasprimento delle imposte? Risposta banale ma esaustiva: domina in tutti gli esecutivi il terrore che, indebolendo il welfare, scoppi la protesta e crolli il consenso per i partiti di maggioranza.

Non parliamo poi della rivoluzione liberale. Non può nemmeno iniziare, figuriamoci se può compiersi. Giusto un paio di giorni or sono, si è provato a sfiorare gli ordini professionali (enti inutili, una palla al piede) e immediatamente sono insorti gli avvocati, di cui è pieno il Parlamento, e addio riforma, addio abolizione dei lucchetti che impediscono l’accesso dei giovani alle professioni.

Siamo contro le corporazioni medievali, e desideriamo abolirle, ma a patto che non si cominci dalla nostra. Meglio colpire i privilegi degli altri. Finché la mentalità sarà questa, chiunque governi dovrà rinunciare a farlo per non scontentare nessuno. E così scontenterà tutti di nuovo.

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