Dal cattivo uso dei fattori produttivi alle opere incompiute, dal ricorso a modi di produzione "antichi", e dunque inefficienti e assai costosi, agli acquisti realizzati pagando prezzi superiori al valore di mercato (e qui la tirata d'orecchie è soprattutto per la sanità). Sono solo alcuni dei dieci sprechi individuati da Piero Giarda, professore dell'Università Cattolica di Milano, nel rapporto finale del gruppo di lavoro sulla riforma fiscale dedicato all'analisi della spesa pubblica spesso indicata come «uno dei sintomi o delle cause della malattia italiana che va sotto il nome di elevato rapporto tra debito pubblico e reddito nazionale».
Tra i nodi anche le opere incomplete
L'elenco individuato dalla task force guidata da Giarda (gli altri gruppi sono dedicati all'erosione fiscale, all'economia non osservata e alla sovrapposizione tra Stato fiscale e Stato sociale) è molto dettagliato: si va dai fattori produttivi (classico esempio l'uso di due impiegati per un lavoro per il quale uno sarebbe sufficiente) all'errata identificazione dei soggetti meritevoli di essere sostenutoi nei programmi di sostegno del reddito disponibile. Fino ad arrivare al capitolo sulle opere incomplete o ai tempi di esecuzione che spesso sforano la tabella di marcia. Per chiudere con la scarsa sincronia, altro male tipico del nostro paese, tra programmi e collettività per cui di frequente si tengono artificiosamente in vita strutture o enti non più indispensabili per i cittadini.
Spesa pubblica fuori controllo negli ultimi 40 anni
Con il risultato che l'esborso pubblico cresce senza sosta. Scrive Giarda nella relazione finale. «La spesa pubblica italiana per l'erogazione di servizi è cresciuta rispetto alla corrispondente spesa privata dello 0,5% l'anno dal 1970 al 2010: 90 miliardi di euro in più. Una dinamica legata anche «alla mancanza di progresso tecnico nella produzione di servizi pubblici» e ad un'offerta sul territorio che sembra essere «espressione di tempi passati».
Manovra: vale in 4 anni 43,4 miliardi
Intanto si va delineando l'esatto ammontare della manovra inviata ieri al Quirinale, il cui valore si attesterebbe a 43,398 miliardi in 4 anni. Come si legge nella tabella allegata al testo, la correzione dell'indebitamento è di 5,3 mln nel 2011, 151,8 mln nel 2012. Sale a 17,876 mld nel 2013 e a 25,364 mld nel 2014. Il saldo netto da finanziare risulta pari a 4,8 milioni per quest'anno, 187,2 milioni per il prossimo, 14,441 miliardi per il 2013 e 19,338 miliardi per il 2014.
Dalla rivalutazione delle pensioni risparmi per 2,8 miliardi
Sul fronte poi della rivalutazione delle pensioni - capitolo spinosissimo del decreto e su cui si è già aperto un duro scontro all'interno della maggioranza - i risparmi ammonterebbero a 2,780 miliardi nel triennio 2012-2014, secondo la stima contenuta nella Relazione tecnica alla manovra. In particolare, gli effetti finanziari saranno pari al lordo di effetti fiscali a 600 milioni nel 2012, 1,090 miliardi nel 2013 e 1,090 mld nel 2014. Al netto degli effetti fiscali, invece, il risparmio sarà di 420 milioni l'anno prossimo, 680 milioni nel 2013 e 680 nel 2014. La misura del dl prevede per il biennio 2012-2013 l'applicazione dell'indice di rivalutazione per fasce di importo: quindi una rivalutazione al 100% per gli assegni fino a 3 volte il trattamento minimo Inps (fino a un importo di 1.428 euro mensili), al 45% per la fascia da 3 a 5 volte il minimo (tra 1.428 e 2.380 euro mensili) e nessuna rivalutazione oltre 5 volte il trattamento minimo (ovvero superiori a 2.380 euro mensili). (Ce. Do.)
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