venerdì 8 luglio 2011

L’unica correzione possibile sulla manovra

Draghi: "La finanziaria è un passo importante"

Il rigore è d’obbligo, ma a spese del moloch statale

Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, a margine dei "Rencontres Economiques" ha detto: "L'anticipo delle misure contenute nella manovra decisa dal governo italiano rende credibili il pareggio del bilancio nel 2014 e l'avvio di una tendenza al calo del rapporto debito/pil. La manovra, come detto ieri dal presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, costituisce un passo importante per il consolidamento dei conti pubblici".

I mercati finanziari ci chiedono chiarezza sullo stato dei conti italiani: qualunque rinuncia alla chiarezza, qualunque cedimento alla demagogia del tassa e spendi, si rifletterà immediatamente negli spread tra i nostri titoli di stato e quelli considerati meno rischiosi, cioè – in modo perverso – sulla spesa per interessi. Sta già accadendo, come dimostrano alcune invocazioni di stravolgimenti in corso della manovra: è giusto ascoltare tutti, è opportuno coinvolgere gli interessati su decisioni di peso, ma poi è opportuno fissare paletti e numeri invalicabili, come dice Giulio Tremonti.

Difficile avere nostalgia della Prima Repubblica, quando il testo della Finanziaria predisposto dal governo diventava con il tempo poco più di uno spunto di discussione per le Camere. Erano poi i passaggi parlamentari a forgiare la legge di bilancio, aggiungendo spese, travasando denari da un capitolo a un altro, inventando balzelli, e indulgendo nella fiscalità più creativa. I risultati di questo metodo – come dimostra il primato del rapporto debito pubblico/pil tra la metà degli anni 70 e la fine degli anni 80 – li paghiamo ancora oggi. Ciò non significa che si debba pencolare verso l’altro estremo, quello della manovra blindata e sottratta a qualunque correzione o modifica. “Il decreto si può correggere”, ha riconosciuto ieri lo stesso ministro dell’Economia, purché i saldi restino intatti.

A tale scopo, sarebbe utile perseguire un migliore bilanciamento tra tasse e spese: meno delle prime, più tagli alle seconde. Bisogna tornare a una filosofia gagliarda. Il governo potrebbe per esempio prendere un’iniziativa: rinunciare alla patrimonialina surrettizia (il superbollo sui depositi titoli) e trovare i fondi limando sulle risorse in uscita. E’ questione di programma elettorale, ma anche di mera logica: la spesa pubblica italiana infatti è eccessiva e inefficiente; venga tagliata dove non serve, resa efficiente dove non lo è. Lo stato deve fare meno cose e fare meglio quello che fa.

Allo stesso modo, l’intervento sulle pensioni deve ritrovare mordente: l’allungamento della durata media della vita è un fatto positivo, e positivo è che gli anni guadagnati non siano da vecchi moribondi ma da persone in buona salute. Anche qui non è solo questione di risparmio, ma di principio: non c’è ragione per far uscire dal mercato del lavoro persone che possono ancora dare molto.

http://www.ilfoglio.it/soloqui/9589

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