Il contagio che si sta manifestando in questi giorni sui titoli del debito pubblico nell'area dell'euro è la peggiore delle evoluzioni che potevano accadere in questo preciso momento. Le nuove turbolenze sulla periferia, e in particolare quelle sul Portogallo, infatti colpiscono l'opzione "naturale" di uscita dalla crisi, il miglior scenario rimasto in questa lunga e faticosissima Odissea.
La speranza segreta a Bruxelles era infatti che nel giro di pochi mesi, a settembre in particolare, potessero arrivare buone notizie dalle economie irlandese e portoghese. Da Dublino sembrava certo che i bilanci di banche e famiglie tornassero a vedere la luce, mentre da Lisbona i messi del Fondo monetario e quelli europei ritenevano che potessero venire gli attesi segnali di stabilizzazione della bilancia dei pagamenti.
Si trattava dunque di superare l'agosto, normalmente quieto sui mercati. A quel punto la crisi dell'euro forse avrebbe potuto cambiar verso definitivamente e in modo relativamente indolore. Il rientro dei tassi d'interesse della periferia avrebbe potuto avvenire rapidamente sull'onda di investitori finanziari desiderosi di guadagnare dalla ritrovata convergenza europea acquistando titoli irlandesi e portoghesi.
I due Paesi sarebbero potuti tornare prima del previsto a finanziarsi sui mercati e i segnali che stavano per arrivare dall'inflazione, più moderata del temuto, avrebbero aiutato il finanziamento. La Grecia, certo, sarebbe rimasta isolata nella sua miseria, un malandato 2% di Pil europeo, ma in ragione di ciò sarebbe stata promossa da germe d'infezione contagiosa a regolare "pig", come ha osservato uno scrittore greco.
E invece il contagio si è messo di nuovo in atto senza aspettare settembre, le rugginose diplomazie economiche dei governi, né i ritmi necessariamente lenti delle convalescenze delle economie. Le agenzie di rating seminano ipocondria, ma i mercati ragionano come loro e non si può sottovalutare il punto di vista dei creditori quando si vuole finanziare debiti ingenti. Così da un percorso naturale di rientro della crisi, si è passati in pochi giorni all'estensione del contagio.
Tassi d'interesse come quelli pagati da Spagna e Italia in questi giorni venivano pagati da Irlanda e Portogallo solo poco più di un anno fa. Gli investitori, non solo quelli più speculativi ma anche i fondi pensione, sono tornati a coprirsi dai rischi. Il fatto che Moody's abbia accomunato Grecia e Portogallo, in ragione dell'incerta risposta politica europea, e S&P abbia classificato come una forma di default la proposta francese di coinvolgimento volontario dei creditori privati nell'allungamento delle scadenze del debito greco ha di nuovo rafforzato una reazione di paura. La proposta tedesca di reintrodurre schemi non volontari di coinvolgimento delle banche creditrici non ha affatto aiutato. Al contrario ha rinnovato l'incertezza negli investitori di fronte alla cacofonia politica dei governi europei.
Così, nella conferenza stampa di ieri, il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, mentre comunicava l'aumento previsto dei tassi di riferimento all'1,5%, ha dovuto urgentemente confermare il sostegno della Banca centrale al Portogallo sospendendo i requisiti dei collaterali attraverso i quali le banche portoghesi hanno accesso ai finanziamenti. Trichet non a caso ha spiegato che Lisbona stava facendo molto bene nell'aggiustamento dei conti ed era addirittura in anticipo sui programmi dettati dalla troika di Ue-Bce-Fmi. In un certo senso il presidente della Bce ha permesso di "vedere le carte" nel tiro alla fune che i policymaker stanno combattendo con i mercati: arrivare salvi all'autunno è così importante che la Bce si è impegnata a soccorrere Lisbona ammettendone i titoli anche di fronte alla revisione al ribasso del loro rating da parte delle agenzie.
Sono ormai tre-quattro anni che la Bce distingue tra misure ordinarie di politica monetaria e concessione straordinaria di liquidità. Così da un lato aumenti dei tassi come quelli di ieri non sono in contrasto con il soccorso all'area euro, ma dall'altro la Bce si trova a ritirare sempre più attività finanziarie dei Paesi in crisi e a sostituire di fatto i creditori privati. Sul Portogallo con la decisione di ieri Trichet ha messo l'intera posta nel piatto. La Bce continuerà a procurare liquidità per evitare che il sistema bancario fallisca. Ci sono dei limiti sia nei confini del contagio arginabile, sia nel bilancio della Bce, sia nella solidità dei sistemi bancari della periferia. Ma non sembra che ci siano alternative.
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