mercoledì 12 ottobre 2011

La spiaggia di Dover, di Matthew Arnold


Il mare è calmo, stanotte.
Alta marea. La luna bianca giace
sopra lo stretto; sulla costa francese il chiarore
brilla e svanisce; le scogliere d’Inghilterra si ergono
scintillanti e vaste nella baia tranquilla.
Vieni alla finestra, dolce è l’aria della notte!
Soltanto, dalla linea lunga di schiuma
Dove il mare incontra la terra sbiancata dalla luna,
Ascolta! senti il fragore stridente
Dei ciottoli, che le onde trascinano, e gettano,
Tornando, sulla riva alta del mare,
Inizia e cessa, e poi di nuovo inizia,
Con lenta cadenza tremula, e porta
Con sé l’eterna nota della tristezza.
Sofocle, nel tempo antico
la udì sull’Egeo, e gli riportò
in mente la torbida marea
dell’umana miseria; e noi troviamo
ugualmente in quel suono un pensiero,
udendola su questo remoto mare boreale.
Il Mare della Fede,
era pure, un tempo, in marea alta; e attorno
alle rive della Terra giaceva, racchiuso
come le pieghe di una cintura risplendente.
Ma adesso altro non sento
che la sua malinconia, un lungo ruggito
che si ritira al respiro del vento della notte,
giù per i vasti e spaventosi bordi
e per i nudi ciottoli del mondo.
Ah, amore mio, restiamo fedeli
l’uno all’altra! perché il mondo, che pare
stendersi dinanzi a noi come una terra di sogni,
così vario, così splendido, così nuovo,
non possiede in realtà né gioia, né amore, né luce,
né certezza, né pace, né sollievo nel dolore;
E siamo qui, come in una piana che s’oscura
sbattuti tra confusi e allarmi di lotte e fughe,
dove eserciti ignoranti si scontrano di notte.

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