venerdì 28 ottobre 2011

In Germania socialisti e liberali sono certi che l’Italia ce la farà da sola, di Giovanni Boggero


Le condizioni del Bundestag

Oppermann, speaker parlamentare dei socialdemocratici, dice al Foglio che Roma non crollerà come Atene
Mentre il Parlamento tedesco è tornato a esprimersi sulle modifiche del Consiglio europeo al Fondo di stabilizzazione finanziaria (Efsf), il portavoce del gruppo parlamentare dell’Spd al Bundestag, Thomas Oppermann, ha scelto un colloquio mattutino con la stampa per spiegare la posizione dei socialdemocratici sulla crisi debitoria. Oltre alla necessità di ricorrere alla leva finanziaria per stabilizzare l’euro, ormai anche i socialdemocratici sembrano convinti che la Grecia non possa evitare il default: “A differenza di Atene – dice Oppermann al Foglio – credo proprio che l’Italia, se lo vuole, ce la possa fare da sola, senza bisogno di un haircut”, ovvero un taglio del valore nominale dei propri titoli di debito pubblico.


A rispondergli a stretto giro di posta è Frank Schäffler, l’euroribelle del Partito liberale (Fdp) contrario a qualsiasi paracadute per gli stati: “L’Italia ce la può certamente fare da sola – ammette anche lui – e a maggior ragione non si spiega perché vi sia stata tanta fretta nel deliberare la leva finanziaria per l’Efsf. Quella leva e il voto del Bundestag servono, ci hanno detto, soltanto all’Italia”.


Visto il rischio di un deterioramento della situazione, i socialdemocratici hanno comunque votato favorevolmente, con la maggioranza, per dare mandato alla Merkel per negoziare al Consiglio Ue sul Fondo salva stati: 503 i deputati favorevoli, 89 contrari, 4 astenuti.
Deliberazione cui alla fine ha dovuto concorrere l’intera assemblea e non soltanto la commissione Bilancio, come inizialmente preventivato. “Il passaggio da una democrazia del cancelliere a una democrazia parlamentare si rende necessario perché questo governo non è in grado di agire da solo, ma deve per forza chiedere aiuto al Parlamento per mascherare la sua debolezza”, spiega ancora il socialdemocratico Oppermann. “Una volta tornati al governo – aggiunge – ripristineremo la democrazia del cancelliere. Qualunque sia il nostro candidato, avremo di nuovo un governo autorevole”. Secondo l’esponente dell’Spd, il rallentamento delle operazioni in sede europea non può essere banalmente imputato alla richiesta di un dibattito parlamentare proveniente dalle file rosso-verdi, bensì alle divisioni interne alla coalizione di governo.


A dirla tutta, però, il ruolo dell’Spd nella stesura della mozione autorizzatoria (Entschliessungsantrag) approvata nel pomeriggio di ieri da una maggioranza trasversale di 503 deputati (con 14 contrari nella maggioranza e un astenuto) è stato di estrema rilevanza, tanto è vero che l’Fdp, il Partito liberale alleato della Merkel, ha dovuto semplicemente accettarla, senza poter evitare un riferimento esplicito al leverage, definita pochi giorni fa “arma di distruzione di massa” dal capogruppo al Bundestag, Rainer Brüderle. Dietro le vibranti critiche alla cancelliera, si cela insomma una stretta collaborazione parlamentare tra Spd e Cdu/Csu, che sembra preludere a una riedizione della grande coalizione. Come qualche osservatore non ha mancato di rilevare, l’atteggiamento dei socialdemocratici è però radicalmente cambiato rispetto allo scorso anno. Nelle prime due votazioni riguardanti gli aiuti alla Grecia risalenti al 2010, l’Spd si astenne, considerando le misure del governo del tutto minimaliste. “Ci astenemmo, perché non v’era alcun riferimento a una tassa sulle transazioni finanziarie. Nella mozione di oggi invece c’è”, chiarisce Oppermann.


L’esponente socialdemocratico infine cita un altro successo del proprio partito nelle trattative con la Cdu/Csu: “Abbiamo fatto in modo che il governo prendesse atto dell’inopportunità di una monetizzazione del debito attraverso la Bce. Nella mozione abbiamo messo nero su bianco la nostra contrarietà ad acquisti sul mercato primario e secondario da parte dell’Eurotower”. Il Parlamento tedesco ha detto dunque di aspettarsi che la Bce cessi gli acquisti di titoli di stato dopo la conferma dell’ampliamento del fondo Efsf. E su questo l’accordo con la cancelliera è totale. La Merkel, parlando ieri mattina al Bundestag prima di recarsi a Bruxelles con gli altri capi di governo, ha ricordato infatti che la via per un’“Unione europea della stabilità” non può passare da un coinvolgimento diretto di Francoforte, bensì necessariamente dell’Efsf. Ovvero il Fondo salva stati il cui raggio d’azione è stato ampliato con le decisioni del Consiglio europeo, ma sulle cui potenziali perdite la cancelliera ha glissato: “Il contributo massimo per la Germania rimane fissato a 211 miliardi più gli interessi”, spiegano da ambienti della maggioranza. Cifra che, con l’introduzione della leva, difficilmente resterà d’attualità.

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