Tabellini (rettore Bocconi) per una Bce che difenda la moneta
Solo una svolta nella politica monetaria europea potrà risolvere sia la crisi dei debiti sovrani sia la recessione. Guido Tabellini non è un economista noto per idee rivoluzionarie o eterodosse: il rettore della Bocconi è saldamente ancorato a principi liberali. Non è un teorico di politiche economiche interventiste né un fautore di politiche monetarie lassiste, in tempi normali. Ma questi non sono più tempi normali. Perciò, in una conversazione con il Foglio, dice di conoscere e apprezzare le idee di Adam Posen, il membro del board della Bank of England che da tempo invoca un ruolo più attivo delle Banche centrali per difendere la moneta, le banche e quindi gli stati: “Quelle che fino a poco tempo fa potevano essere considerate tesi eccentriche – spiega Tabellini – sono rivalutate perché Posen ha studiato a fondo gli effetti della crisi del debito giapponese sull’economia. Uno scenario simile a quello che affronta l’Europa per una persistente crescita debole. Quindi i suoi consigli affinché gli Istituti centrali, quello inglese e quello di Francoforte, non siano inerti, devono essere valutati con attenzione”.
L’esperienza della crisi finanziaria globale di questi anni induce a cambiare paradigma. L’economia mondiale, secondo Tabellini, deve ancora smaltire la sbornia dell’eccesso di debito accumulato: “Come hanno sottolineato le ricerche storiche di due economisti americani, Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart, l’indebitamento eccessivo è sempre seguito da almeno un decennio di bassa crescita, in cui consumi e investimenti languono e la disoccupazione resta elevata”. “In questa situazione – aggiunge Tabellini – le economie restano fragili e qualunque choc imprevisto può far deragliare la ripresa”. Per questo il rettore dell’ateneo privato milanese pensa che “la Bce ha sbagliato quando ha iniziato a far salire i tassi, riducendo troppo presto lo stimolo monetario e sopravvalutando la forza dell’economia europea”.
Ma c’è un secondo fattore che contribuisce a fermare la crescita mondiale, oltre alla mole del debito: è, secondo Tabellini, “la mancanza di fiducia”. Com’era avvenuto nel 2008 dopo il fallimento di Lehman, così ora l’aggravarsi della crisi del debito sovrano in Europa “sta scatenando un crollo di fiducia generalizzato”. I due fattori – l’eccesso di debito e la mancanza di fiducia – si saldano. Non solo: il rallentamento della crescita rende più difficile smaltire il debito e aumenta la rischiosità degli investimenti, espandendo la sfiducia. Tutto ciò fa salire il costo del debito, visto che l’aumento del costo del denaro provoca una restrizione del credito e maggiori interessi da pagare per le imprese.
Ma c’è un secondo fattore che contribuisce a fermare la crescita mondiale, oltre alla mole del debito: è, secondo Tabellini, “la mancanza di fiducia”. Com’era avvenuto nel 2008 dopo il fallimento di Lehman, così ora l’aggravarsi della crisi del debito sovrano in Europa “sta scatenando un crollo di fiducia generalizzato”. I due fattori – l’eccesso di debito e la mancanza di fiducia – si saldano. Non solo: il rallentamento della crescita rende più difficile smaltire il debito e aumenta la rischiosità degli investimenti, espandendo la sfiducia. Tutto ciò fa salire il costo del debito, visto che l’aumento del costo del denaro provoca una restrizione del credito e maggiori interessi da pagare per le imprese.
In questa situazione, è soprattutto l’azione dell’Istituto di Francoforte che deve cambiare: “La politica monetaria della Bce potrebbe svolgere un ruolo cruciale per arginare la crisi ed evitare che l’economia mondiale precipiti in recessione”, scandisce Tabellini: “Il crollo di fiducia sui mercati finanziari europei sta portando a una crisi generalizzata di liquidità, che si sta lentamente trasformando in una grave stretta creditizia”. Soltanto “la Bce ha gli strumenti per impedire che ciò avvenga e aumentare l’offerta di forme di investimento prive di rischio”.
Non c’è bisogno di rivedere lo statuto della Bce che sarà a giorni presieduta da Mario Draghi, secondo Tabellini: “A statuto vigente, l’Istituto di Francoforte potrebbe già effettuare operazioni di quantitative easing come quelle della Fed e della Bank of England. La congiuntura macroeconomica e finanziaria giustifica gli acquisti di titoli pubblici di tutti gli stati che la Bce potrebbe e dovrebbe effettuare”. La finzione di sterilizzare gli acquisti dei titoli di stato “dovrebbe essere abbandonata, in modo da attuare una vera e propria espansione quantitativa”, ha scritto di recente sul Sole 24 Ore diretto da Roberto Napoletano. Gli acquisti recenti dei titoli di stato italiani e spagnoli sono un passo in questa direzione, “ma rischiano di essere inutili se sono accompagnati dalla percezione che saranno presto abbandonati e che non vi è una vera svolta nella politica monetaria”.
Ecco, una svolta nella politica monetaria. Non solo e non più garantendo i titoli pubblici – il cui valore in picchiata incide negativamente sullo stato dei conti delle banche – ma anche con una manovra sui tassi di interesse. Tabellini non ricorre a perifrasi: “La Bce dovrebbe avere il coraggio di attuare una svolta radicale nella politica monetaria, tornando ad abbassare i tassi d’interesse”. Ma così non salirebbe l’inflazione e l’euro si svaluterebbe? “Non è affatto detto che ciò accadrebbe. Mi spiego. In ogni crisi di liquidità aumenta la domanda di moneta, e un’espansione monetaria non crea inflazione. Inoltre, oggi un po’ d’inflazione aiuterebbe a smaltire il debito, e rappresenta una via d'uscita. Per la stessa ragione, non è detto che il cambio si svaluterebbe, soprattutto se l’espansione monetaria fosse coordinata a livello mondiale. E comunque un euro più debole potrebbe solo aiutare la crescita”.
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