martedì 25 ottobre 2011

Dall'Udinese al Manchester City, ecco l'Europa mai vista del calcio, di Sandro Bocchio

Il Levante davanti al Barcellona, il Paris Saint Germain di Leonardo ancora primo e le sorprese in Champions League


Un'Europa mai vista: in Inghilterra comanda il Manchester City, in Francia il Paris Saint Germain, in Spagna il Levante e in Italia l'Udinese. Resistono il Bayern in Germania, anche se ultimamente non si sente benissimo, e il Porto in Portogallo. Una rivoluzione inimmaginabile fino a poco tempo fa, in un'epoca scandita dalla supremazia dell'Inter (scudetto dal 2006 al 2010), del Lione (primo dal 2002 al 2008) e dalle alternanze dal 2005 ai giorni nostri delle coppie Manchester United-Chelsea e Barcellona-Real Madrid.
Ancor più inimmaginabile se si va a vedere quanto abbia vinto chi oggi comanda: nessun titolo per l'Udinese, una coppa del Re (nel 1937, e non ufficiale, per il Levante), appena due primi posti (ma l'ultimo nel 1968) per il City e per il Paris Saint Germain. Che, a sua parziale giustificazione, può portare una militanza di minore longevità, visto che è nato soltanto nel 1970. Numeri che rendono eclatante il riposizionamento cui stiamo assistendo. Un riposizionamento giustificabile – a livello sportivo – con un miglioramento della qualità tecnica e con il livellamento verso l'alto delle capacità tattiche. Solo in questo modo si spiega, per esempio, il primo posto nel suo girone di Champions dell'Apoel Nicosia, portabandiera di un calcio (quello cipriota) ancora considerato di ultima fascia nel panorama mondiale. Ma è anche un cambiamento derivante da dinamiche totalmente diverse tra loro che però, alla fine, conducono allo stesso traguardo: primeggiare.
Pur se nel caso di Spagna e Italia la sensazione è che si tratti di un fenomeno significativo ma non ancora tale per dettare un'inversione di rotta. Il Levante, seconda squadra di Valencia, è il frutto di una campagna acquisti che ha saccheggiato il mercato alla ricerca dell'usato sicuro a costo zero: uno schiaffo in faccia ai bilanci milionari di Real e Barcellona. Mentre l'Udinese, in estate ha venduto – e bene – Sanchez, Zapata e Inler: ha portato a casa 53 milioni, spendendone una ventina per costruire la nuova squadra. L'eliminazione ai preliminari di Champions aveva fatto alzare la cresta ai critici della famiglia Pozzo, accusata di aver pensato soltanto all'incasso anziché agli investimenti. Il concreto cammino in campionato (zero sconfitte, un solo gol incassato), insieme con il lancio di nuove proposte per il prossimo mercato, hanno immediatamente trasformato le critiche in applausi, sport in cui eccelliamo.
Ben diverso è il caso di Manchester City e Paris Saint Germain perché, alla base, ci sono gli investimenti a cinque stelle dei danarosi padroni venuti da fuori. In Inghilterra sono quelli degli Emirati Arabi Uniti dello sceicco Mansur bin Zayd Al Nahyan, in Francia quelli della Qatar Investment Authority, che da quest'anno griffa la maglia del Barcellona con la Qatar Foundation per 30 milioni di euro a stagione. Spendaccioni sì, ma non sprovveduti. E con un'idea ben precisa del calcio visto che, per crescere, hanno cercato professionisti educati in Italia, dove il pallone è ragione di vita. Al Manchester City, che ha frantumato lo United nel derby, il centro dell'universo è Roberto Mancini, comandante in campo di un'unità tricolore che ha cambiato mentalità e abitudini del gruppo. Con i risultati sotto gli occhi di tutti.
Al Paris Saint Germain il motore è invece Leonardo che, dopo aver trascorso 14 anni da noi (e guidando in rapida successione Milan e Inter), è tornato in Francia per fare ciò che più ama: il dirigente. Ma senza dimenticare l'Italia, dove ha acquistato Sissoko dalla Juventus, Menez dalla Roma, Pastore e Sirigu dal Palermo: 40 milioni versati senza colpo ferire per tornare in vetta. Magari prima del previsto. E per durare più a lungo del previsto.

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