Parla Arthur Laffer
L’economista reaganiano controbatte al krugmaniano austerità=espiazione
New York. L’inglese non distingue il tu e il lei, ma la parlantina in fast forward e intrisa di “you know what?” di Arthur Laffer, 73 anni, non s’attaglia alle formalità: “Sai qual è la definizione di ‘pazzo’?”. In che senso, scusi? “Lascia perdere, te la dico io: il pazzo è quello che fa sempre la stessa cosa e si aspetta che produca risultati differenti”. Il detto è attribuito, in modo incerto, ad Albert Einstein, ma all’economista di Reagan e patrigno della curva sulla massimizzazione delle entrate fiscali che nel 1974 ha spiegato su un tovagliolo a due ufficiali dell’Amministrazione – Dick Cheney e Donald Rumsfeld – quello che importa è che la definizione descrive la politica economica di Barack Obama e dei democratici: “Hanno aumentato ancora la spesa pubblica, creando nuovo debito. E’ quello che fanno sempre. Lo hanno fatto con gli stimoli che hanno indotto la ripresa economica più lenta nella storia americana e non si sono mai spostati da quel concetto. Pensano che un giorno la cura darà risultati diversi da quelli che ha sempre dato. Non è così. E sai perché la ripropongono? Perché sono cresciuti con una certa visione del mondo, uno schema morale che è stato ripetuto loro da quando erano nella culla: tagliare la spesa pubblica è peccato. Toccare il sistema di welfare è il male. Mettere mano ai sussidi è un fatto imperdonabile”.
Quella tracciata da Laffer è una trama morale uguale e contraria a quella esposta dagli economisti keynesiani dall’inizio della crisi. Paul Krugman ha insistito in modo martellante sulla fallacia del moralismo di ascendenza luteran-merkeliana per smontare il ricorso all’austerità: l’errore dell’austerità, secondo Krugman, discende da una malintesa necessità di espiare la colpa del debito, mentre il debito, nell’ortodossia controintuitiva di Keynes, si cura facendo altro debito. “Questa ricetta nel mondo reale non funziona”, dice Laffer, che usa la critica dell’austerità pura per stanare il moralismo dei suoi avversari: “Il vero tabù morale dei liberal è il welfare, sono gli ‘entitlements’, i sussidi per la disoccupazione e tutte le altre forme di assistenza che bloccano la crescita e aumentano la disoccupazione. Il peccato originale, in questa visione del mondo, si sposta dal terreno del debito a quello della giustizia sociale. Mettere mano ai programmi federali significa macchiarsi della colpa peggiore per i liberal, ma dato che non possono ammettere di ragionare sul piano della morale dicono che è una questione di pura efficacia economica, che la politica dello stimolo e della spesa pubblica è controintuitiva ma funziona. A te sembra che funzioni? Io in questi quattro anni non ho visto nessun risultato, ho visto una recessione e una depressione dalla quale non riusciamo a uscire. Altro che efficacia”.
Laffer è un libertario impenitente che ha sempre subordinato il giudizio politico a quello economico. Ha votato Clinton due volte sull’onda delle promesse – mantenute – di tagliare la spesa, non considera il budget della Difesa una voce intoccabile, vorrebbe ancorare i compensi dei politici all’andamento dei mercati o alla disoccupazione (“lo stato è l’unica entità al mondo che non si misura con le performance”) e ancora lancia strali contro l’Amministrazione Bush che non è riuscita a fermare la presa democratica del Congresso, e negli ultimi due anni di governo ha dovuto firmare gli aumenti della spesa con cui l’America fa i conti oggi. L’accordo di Capodanno sul budget è “dannoso, perché aumenta le tasse quando bisognerebbe abbassarle” e per tentare di affamare la bestia dello stato federale “bisognerebbe combinare all’alleggerimento fiscale un taglio della spesa serio nei prossimi mesi. Non lo faranno, questo è ovvio”. L’unica nota positiva per Laffer è che lo stallo di Washington “mostrerà una volta per tutte che l’unica via d’uscita dalla depressione è il taglio della spesa e lo stimolo alla crescita attraverso l’abbassamento delle tasse. Con l’assetto voluto da Obama, cioè penalizzando chi lavora e sussidiando chi non lavora, che è il modo migliore per creare altra disoccupazione, il 2013 sarà peggiore del 2012 ma almeno la gente capirà che questo governo non è in grado di risolvere i problemi. Sarà un anno buttato dal punto di vista economico, ma proficuo sotto il profilo politico”. E la colpa di tutto questo, secondo Laffer, è nella definizione stessa di “colpa” e nelle sue conseguenze spacciate per laica efficacia economica.
Nessun commento:
Posta un commento