Ma che Italia esce dalla sua legge più importante, quella di Stabilità? E soprattutto perché ancora una volta la politica, la sua massima espressione che è il Parlamento, deve offrire l'immagine di un Paese dove si tenta di cogliere l'ultima possibilità per favorire i propri referenti, lobby o anche soltanto persone che sono state o saranno utili?
Non ha esagerato chi ha parlato di vergogna per quell'emendamento sul gioco d'azzardo che è passato nella notte tra lunedì e martedì. Due senatori del Pdl, Gilberto Tommaso Pichetto Fratin e Anna Cinzia Bonfrisco, sono riusciti, di fatto, a far passare la possibilità di mettere a gara da subito le concessioni per il gioco d'azzardo in mille circoli in Italia.
È chiaro che assieme a norme «sconcertanti» come quelle sul poker live (la definizione è del ministro della Salute, Renato Balduzzi) ce ne saranno altre che, prese una per una, isolate dal contesto, appariranno come dovute e senza alcun fine, se non quello di intervenire su situazioni difficili. Ma a scorrere le 16 pagine che contengono gli emendamenti approvati in questi ultimi giorni al Senato non si può che restare attoniti di fronte all'elenco di norme e codicilli.
Si tratta di misure che rappresentano lo spaccato di un'Italia costretta ad arrangiarsi. Di una politica capace di salvaguardare se stessa (vedi il rinvio del riordino delle Province); e, quando va bene, di rattoppare situazioni complicate, o elargire semplicemente mance, piuttosto che varare seri e meditati provvedimenti.
Norme comprensibili come i finanziamenti per risarcire i familiari delle vittime di un disastro aereo del 1977, la sospensione del pagamento di cartelle esattoriali per la popolazione che ha subito un terremoto nel 2009, si accompagnano a un altro lungo elenco: si va dall'abolizione dell'obbligo di usare gomme da neve a una serie di spese le più disparate. Ancora elencando, 10 milioni in tre anni per la revisione delle tariffe massime per le prestazioni di assistenza termale, 30 milioni in due anni per la statale Tirreno-Adriatica, altri 20, sempre in due anni, per il dissesto idrogeologico dell'Abruzzo.
Una teoria di misure, in qualche caso micro, più spesso per decine di milioni. Provvedimenti allegati a una legge di Stabilità che dovrebbe indicare e dare attuazione agli obiettivi programmatici del governo. E che invece mostra il vizio irrisolto del nostro Paese di non riuscire a darsi delle regole e a seguirle.
Ancora una volta ci troviamo a dover parlare di assalto alla diligenza. Guarda caso infatti le misure dell'ultima ora sono in un'unica direzione: quella della spesa. L'esatto contrario di quanto sta facendo ogni famiglia italiana da qualche anno a questa parte: risparmiare.
Chissà a quanti comizi assisteremo, di deputati e senatori che si lamenteranno del peso eccessivo delle tasse, quasi che le misure che hanno approvato e approveranno in queste ore non fossero tutte nel segno di maggiori uscite. Da ripianare come? Con l'unica leva a disposizione di uno Stato incapace di ridurre le spese: tassare ancora. E suona come beffa, dopo l'esperienza dell'Imu, la possibilità data alle Regioni di aumentare l'aliquota Irpef. Nonostante tutto questo l'assalto c'è stato. Facendo finta di dimenticare che le casse della diligenza da tempo sono vuote.
Non ha esagerato chi ha parlato di vergogna per quell'emendamento sul gioco d'azzardo che è passato nella notte tra lunedì e martedì. Due senatori del Pdl, Gilberto Tommaso Pichetto Fratin e Anna Cinzia Bonfrisco, sono riusciti, di fatto, a far passare la possibilità di mettere a gara da subito le concessioni per il gioco d'azzardo in mille circoli in Italia.
È chiaro che assieme a norme «sconcertanti» come quelle sul poker live (la definizione è del ministro della Salute, Renato Balduzzi) ce ne saranno altre che, prese una per una, isolate dal contesto, appariranno come dovute e senza alcun fine, se non quello di intervenire su situazioni difficili. Ma a scorrere le 16 pagine che contengono gli emendamenti approvati in questi ultimi giorni al Senato non si può che restare attoniti di fronte all'elenco di norme e codicilli.
Si tratta di misure che rappresentano lo spaccato di un'Italia costretta ad arrangiarsi. Di una politica capace di salvaguardare se stessa (vedi il rinvio del riordino delle Province); e, quando va bene, di rattoppare situazioni complicate, o elargire semplicemente mance, piuttosto che varare seri e meditati provvedimenti.
Norme comprensibili come i finanziamenti per risarcire i familiari delle vittime di un disastro aereo del 1977, la sospensione del pagamento di cartelle esattoriali per la popolazione che ha subito un terremoto nel 2009, si accompagnano a un altro lungo elenco: si va dall'abolizione dell'obbligo di usare gomme da neve a una serie di spese le più disparate. Ancora elencando, 10 milioni in tre anni per la revisione delle tariffe massime per le prestazioni di assistenza termale, 30 milioni in due anni per la statale Tirreno-Adriatica, altri 20, sempre in due anni, per il dissesto idrogeologico dell'Abruzzo.
Una teoria di misure, in qualche caso micro, più spesso per decine di milioni. Provvedimenti allegati a una legge di Stabilità che dovrebbe indicare e dare attuazione agli obiettivi programmatici del governo. E che invece mostra il vizio irrisolto del nostro Paese di non riuscire a darsi delle regole e a seguirle.
Ancora una volta ci troviamo a dover parlare di assalto alla diligenza. Guarda caso infatti le misure dell'ultima ora sono in un'unica direzione: quella della spesa. L'esatto contrario di quanto sta facendo ogni famiglia italiana da qualche anno a questa parte: risparmiare.
Chissà a quanti comizi assisteremo, di deputati e senatori che si lamenteranno del peso eccessivo delle tasse, quasi che le misure che hanno approvato e approveranno in queste ore non fossero tutte nel segno di maggiori uscite. Da ripianare come? Con l'unica leva a disposizione di uno Stato incapace di ridurre le spese: tassare ancora. E suona come beffa, dopo l'esperienza dell'Imu, la possibilità data alle Regioni di aumentare l'aliquota Irpef. Nonostante tutto questo l'assalto c'è stato. Facendo finta di dimenticare che le casse della diligenza da tempo sono vuote.
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