giovedì 14 marzo 2013

Francesco, il nome che è tutto riforma e obbedienza


Nessun Papa aveva osato

Nella storia della chiesa, nessuno ne aveva mai avuto il coraggio. E invece il coraggio di darsi per primo, da Papa, il nome del grande santo d’Assisi, l’ha trovato un gesuita, Jorge Mario Bergoglio, l’arcivescovo di Buenos Aires (e anche primo dell’ordine di Ignazio) salito al soglio di Pietro in una piovosa sera di marzo. Francesco è un nome impegnativo e amato, in Italia, perché san Francesco è il più importante dei suoi patroni. Ed è amato e diffuso anche nei paesi dell’America latina che, con l’argentino di orgine italiana Bergoglio, per la prima volta danno un Pontefice a Roma. Un Pontefice che è atteso da un compito molto difficile, almento tanto quanto quello di onorare il nome del santo di Assisi. Del giovane ricco e gaudente, del cavaliere esperto nel mestiere delle armi che scelse di diventare il poverello, di spogliarsi di tutto e di vivere la “perfetta letizia” che nasce, come lui insegnava, dalla carità, dall’umiltà, dall’imitazione di Cristo e dalla partecipazione alle sue sofferenze. Del poeta del “Cantico delle creature”, del santo della religiosità popolare che regalò alla tradizione cristiana il presepe, dopo aver voluto rappresentare a Greccio la natività vivente.
Francesco, fu, soprattutto, il profeta nel quale Innocenzo III (prima che il suo successore, Onorio III, nel 1223 approvasse formalmente la regola dell’ordine francescano) vide con lungimiranza la possibilità incarnata di un grande movimento di rinnovamento. Un rinnovamento che per Francesco fu improntato all’obbedienza al papato e al fermo rifiuto delle eresie, come quella catara, che andavano dilagando all’epoca in Europa, e che rischiavano di demolire la chiesa. Francesco è anche colui che, durante la quinta crociata, volle incontrare nel campo saraceno il nipote del Saladino, il sultano al Malik al Kamil, per convertirlo, discutere con lui e annunciargli la salvezza nel Vangelo. Attorno alle circostanze di quell’incontro, come sappiamo, molto si è dibattuto all’epoca del famoso discorso a Ratisbona di Papa Benedetto XVI.
Fraternità, povertà, umiltà, obbedienza, castità: i cardini della regola francescana, quelli che il santo di Assisi volle stabilire per i suoi fratelli, sembrano in questo momento quelli di cui la chiesa di Roma è accusata – spesso a torto e in malafede – di essere carente o dimentica, soprattutto nelle sue più alte gerarchie. Se nel nome scelto da Papa Bergoglio è contenuto un programma e la promessa di uno stile, Francesco è nome eloquente e certamente di buon auspicio e di grandissima storia. E’ grande anche la storia di san Francesco di Sales, un altro innovatore che nel Seicento ha lasciato il segno sulla spiritualità moderna. Ed è grande la storia di san Francesco Saverio, un altro gesuita e missionario spagnolo che  portò il vangelo in oriente. La chiesa si fa nuova rimanendo fedele a se stessa. Papa Francesco, il primo a darsi un nome così grande nella storia del cristianesimo, può ben dire di contare su grandi santi in paradiso.

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