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Bootle, in passato consigliere economico dei governi conservatori, osserva che non tutto il processo di “distruzione” innescato dal ciclo economico è lì per nuocere. “E’ normale che i settori più inefficienti siano penalizzati, poi però è normale pure che si abbiano altre occasioni di reimpiegare capitale e forza lavoro”. E’ questa seconda fase che oggi, almeno in parte, viene a mancare per le rigidità dell’euro. C’entrano anche le mancate riforme strutturali, certo, e il fatto che allo stesso tempo sia venuta a mancare l’arma della svalutazione della lira per riguadagnare competitività. “Oggi quindi il tasso di cambio reale rispetto ad altri paesi dell’Eurozona, in Italia ma anche in Francia e Spagna, è cresciuto troppo. Ci sono tre opzioni per recuperare: facendo aumentare la produttività, si può arrivare a guadagnare un quarto di punto l’anno ma quanto ci si impiega per recuperare un gap del 30 per cento? Poi si possono tagliare i salari, come in Grecia e Irlanda, ma l’economia si deprime e il debito aumenta. Non è il massimo. Infine si può svalutare la moneta e riguadagnare subito competitività. Nel caso dell’Italia si dovrebbe uscire dall’euro”. Berlusconi però non si definisce un sostenitore della fine della moneta unica, piuttosto propone di trattare con Berlino tenendo questa ipotesi estrema sul tavolo. “Effettivamente almeno due cose si potrebbero cambiare nell’attuale governance economica. Primo, chiedendo che la Bce attivi una politica di Quantitative easing in stile Fed. Secondo, rilassando la politica fiscale nei paesi del nord virtuoso e sostenendo così la periferia”. Il fondatore di Capital Economics però avverte: “La Germania non si muoverà. I tedeschi hanno un blocco mentale rispetto all’uso della politica monetaria. Pensano che davvero gli indicatori di ‘competitività’ abbiano sempre un significato ‘reale’, cioè ci dicano se l’operaio italiano sa o non sa fare bene una certa cosa. Mentre nella realtà pesano fattori di costo e monetari che con l’abilità dei lavoratori c’entrano poco. Provino a fare Mercedes in Italia, per esempio, con l’accesso al credito che c’è da voi”. Per Bootle però Berlino considererà soltanto l’elemento di “ricatto” in quello che pure fosse un tentativo di “brinkmanship”, come l’ha definito ieri Michele Salvati sul Corriere della Sera, cioè una politica che consiste nel “manovrare una situazione rischiosa, ai limiti della sicurezza”: “Berlino andrà a vedere l’ipotetico bluff e non si muoverà. Se l’Italia a quel punto non desse seguito ai suoi intendimenti di abbandonare l’euro, perderebbe tutta la credibilità. Se invece si decidesse a farlo, dovrà avere un piano dettagliato, altrimenti anche l’aggiustamento improvviso avrà effetti dolorosi”.
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