venerdì 16 settembre 2011

Lettera da Berlino (con risposta fogliante) ai fratelli spendaccioni del mezzogiorno d’Europa, di Clemens Wergin


Cari italiani e greci, ecco a quali condizioni la Germania potrebbe sobbarcarsi un altro po’ del vostro debito

Cari amici greci e italiani - Siamo oramai entrati nel secondo anno della crisi dell’euro. Si tratta di una fase della nostra storia comune segnata da toni aspri nel dibattito fra le società dei nostri paesi. Purtroppo le questioni europee sono organizzate in modo tale che siano i politici a incontrarsi e trattare fra loro ai vertici europei. Manca invece un foro comune e uno spazio mediatico condiviso per scambiare pareri e discutere. Ciò nonostante penso che sia arrivato il momento di parlarci, da cittadino a cittadino. Scrivo questa lettera per spiegarvi meglio perché i tedeschi abbiano una brutta sensazione quando pensano all’Europa nel suo stato attuale. Vorrei proporvi un patto tra cittadini dei nostri paesi, evitando la strada della politica. Un patto che protegga la nostra Europa e la renda migliore. Spero che possiate capire che gli avvenimenti delle settimane scorse ci hanno un poco, come dire, irritati. Nel momento in cui il nostro Parlamento stava discutendo di ampliare le misure a difesa dell’euro con somme che, quando saranno pretese, dovranno essere ripagate anche dai nostri figli, avevamo l’impressione che i vostri governi non prendessero veramente sul serio l’adempimento della loro parte del patto. La Grecia per esempio non ha portato avanti le riforme dell’apparato statale, malgrado sia noto che la loro burocrazia sia diventata troppo cara. Si tratta infatti dell’ostacolo più serio alla concorrenza e allo sviluppo economico; l’apparato statale è servito per decenni a soddisfare il clientelismo dei partiti. Non è stata portata avanti anche la realizzazione della privatizzazione delle imprese statali. Quindi c’era da aspettarsi che la delegazione europea, incaricata di controllare le misure assunte dalla Grecia, non sarebbe stata assolutamente soddisfatta della situazione e avrebbe lasciato Atene in conflitto con le autorità greche.
Anche in Italia, che si trova all’inizio della sua crisi, abbiamo visto sviluppi simili. Al momento dello scoppio della crisi il governo Berlusconi aveva promesso solennemente drastiche riforme per tranquillizzare i mercati.

Appena tali dichiarazioni – che hanno indotto la Banca centrale europea a comprare titoli di stato italiani ora quindi garantiti da tutti i cittadini europei – avevano alleggerito la pressione del mercato sul governo italiano, sono improvvisamente scomparse le misure più importanti dalla manovra del governo. Dopo forti pressioni di altri governi europei l’Italia ha dovuto inserire nuovamente, almeno in parte, alcuni dei provvedimenti eliminati. Potete quindi immaginare che noi ci siamo sentiti presi un po’ per i fondelli. A causa di questi raggiri e traccheggiamenti ci sono sempre più francesi, olandesi e tedeschi che si pongono una semplice domanda: perché vi dobbiamo salvare, se neanche voi siete veramente pronti a salvare voi stessi?

Non scrivo questo né per avarizia né per arroganza. 
Lo scrivo perché sono preoccupato che un bel giorno i miei concittadini dicano basta e forzino i nostri politici a chiudere il rubinetto dei soldi per il sud dell’Europa. Non voglio neanche che gli europei del sud diventino tedeschi nella loro mentalità. Perché stimo il contributo e il colore che voi date all’Europa – e anche alla mia famiglia. Sono sposato con una donna italiana, per cui passiamo ogni vacanza estiva in Italia, anche perché vogliamo che le nostre figlie parlino la lingua della loro mamma e dei loro nonni. Nella nostra famiglia romana è ancora viva la tradizione di raccontare storie di famiglia. Ed entrambe le mie bimbe amano gli aneddoti di famiglia e le storielle più o meno comiche di vita quotidiana che racconta loro il nonno. Appena termina un racconto gridano all’unisono: “Un’altra storia ancora, un’altra storia ancora!” (con leggero accento tedesco). Non si stancano mai di ascoltare.
Mi piace anche molto il calore con cui i nostri parenti greci ci hanno ospitato quando un mio cugino ha sposato ad Atene una donna greca. Mi ricordo come in uno di quei giorni il patriarca della famiglia greca avesse raccontato delle sue esperienze di guerra, tentando con tanta gentilezza di non farle troppo pesare sui nuovi parenti tedeschi. Abbiamo poi individuato nell’italiano la lingua comune in cui comunicare. Lui l’aveva imparato durante la guerra, avendo la sua famiglia nascosto un soldato italiano disertore. Questi sono momenti che insegnano a noi tedeschi un po’ di umiltà. E anche di gratitudine per come la disastrosa storia tedesca sia convogliata così felicemente nell’Europa unita. Posso però anche capire i miei concittadini che si chiedono perché debbano farsi carico di varie misure per il salvataggio dell’euro e fungere come garanti per titoli di debito pubblico greci e italiani assunti dalla Banca centrale europea. Questo perché anche noi abbiamo accumulato un debito pubblico notevole, che una popolazione in declino numerico come la nostra potrà difficilmente ripagare in futuro. Ci devono essere quindi buone ragioni per caricarci anche delle responsabilità altrui. Proteggere l’Europa è una buona ragione. Sarebbe più semplice per noi se avessimo da voi la dimostrazione che voi contribuite seriamente in prima persona prima di chiedere aiuto agli altri. Dovete a tale scopo dare un taglio agli interessi particolari. Tutti sanno che non avete solo un problema di spesa pubblica ma anche di entrate. Perché date la possibilità soprattutto ai lavoratori autonomi di evadere il fisco, facendo pesare gli oneri fiscali in gran parte sulle spalle dei lavoratori dipendenti? Perché dovremmo pagare noi con i nostri soldi al posto dei vostri evasori fiscali? In Italia e in Grecia ci sono ancora molte corporazioni professionali privilegiate che si chiudono al mercato, tenendo così i prezzi alti con grave danno per la concorrenza. I tassisti greci hanno preso in ostaggio il paese la scorsa estate e messo così in pericolo uno dei pochi settori redditizi dell’economia, il turismo. E la burocrazia pesa sul paese come un enorme idrocefalo che toglie ogni energia al proprio corpo.

In Italia i sindacati difendono gli insostenibili privilegi d’oro del passato che hanno immobilizzato il paese, impedendogli praticamente di crescere da dieci anni. D’altro canto l’uomo più ricco del paese cercava di sottrarre i ricchi da ogni sacrificio. Inoltre i parlamentari non sono stati disposti ad accettare più elevati tagli ai loro introiti nonostante si tratti dei politici più cari d’Europa. Date l’impressione di società che non siano in grado di mettere da parte gli interessi particolari di singoli gruppi a favore dell’interesse comune. Pretendete allo stesso tempo che noi ci consideriamo parte di una grande comunità europea solidale e disposta a sovvenzioni. D’altra parte non riuscite nemmeno nel piccolo, al livello nazionale, a definirvi voi come una comunità, nella quale gli interessi particolari si mettano da parte in nome del bene comune. Prima che il disappunto nel nord dell’Europa si trasformi in tempesta vorrei suggerire ai cittadini dei nostri paesi un patto. Noi vogliamo aiutarvi. Ma non perché tutto resti come è. Nei vostri mass media si dà l’impressione che gli stati del nord Europa, che non vogliono mettere a disposizione i fondi necessari, siano contro di voi, gli altri invece a favore. Una visione troppo semplicista. Sarebbe al contrario effettivamente irresponsabile se dessimo ai vostri governi, nelle cui mani “colabrodo” è scomparso anche l’ultimo centesimo, ulteriori fondi senza legarli a precise condizioni. Sarebbe come continuare a dare droga a un tossicodipendente. Sappiamo quanto sia difficile dare atto a riforme. Noi tedeschi abbiamo impiegato anni ad accettare l’Agenda 2010 dell’ex cancelliere Schröder. Questa dolorosa riforma dell’assistenza sociale è uno dei motivi per cui il nostro paese è oggi preparato per la sfida della globalizzazione. Questa esperienza ci ha insegnato che le crisi sono troppo preziose per essere sprecate. E’ quindi necessario che i mercati e i nostri politici tengano alta la pressione sui vostri politici. Perché soltanto così saranno costretti a fare le necessarie riforme affinché le vostre finanze pubbliche abbiano una solida base. E – cosa ancora più importante – affinché i vostri sistemi economici e sociali tornino a essere concorrenziali. La nostra parte del patto è che noi vogliamo tentare di aiutarvi a passare questo brutto momento. Ma soltanto se voi rispettate la vostra parte del patto.

Ciò significa che i vostri politici non attribuiscano la colpa solo a “speculatori” ma che riconoscano che la crisi sia il risultato di decenni di politiche irresponsabili di spesa e di riforme mancate – da parte di persone da voi elette per cui non potete sottrarvi alle vostre responsabilità. Ci dà poche speranze il fatto che i conservatori in Grecia abbiano buoni consensi nei sondaggi mentre la sinistra sta cercando di porre rimedio al disastro che questi hanno prodotto. Chi crede ai demagoghi, che raccontano sia possibile superare la crisi anche senza sacrifici, ha perso ogni senso della realtà. Anche delle riforme di cui l’Italia necessita per diventare nuovamente appetibile per investitori e imprese si trova scarsa traccia nel pacchetto di riforme appena varato.

Ci aspettiamo tuttavia che voi 
infrangiate le incrostazioni delle vostre strutture, che tagliate privilegi e interessi particolari nelle vostre società e debelliate l’evasione fiscale. Questi sono compiti che spettano sia alla politica sia a ogni singolo cittadino. Bisogna che ognuno di voi non aiuti più nessuno a sottrarre allo stato gli introiti necessari e che pretendiate quindi una fattura dal medico, dal parrucchiere, dal giornalaio e ovunque acquistiate. Non sarete altrimenti in grado di distribuire sulle spalle di tutti i costi di tutte le attività dello stato. Ci sono in Germania ancora molti filo europei ben disposti, ai quali sta a cuore il progetto europeo. Ci auguriamo una Grecia migliore e più solida come anche un’Italia che non ostacoli l’enorme potenziale creativo dei suoi cittadini e consenta invece loro di realizzarlo. Questo sarà possibile solo se non vi aggrapperete a vecchi punti di vista e abitudini. Siamo disposti ad aiutarvi, ma prima di tutto dovete aiutarvi in prima persona. Un caro saluto.

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