martedì 22 maggio 2012

Altro che superstato, lavorare e competere (direbbe la Thatcher), di Alberto Brambilla


C’è voluto un politico conservatore britannico, come il ministro degli Esteri William Hague, per rispolverare e aggiornare il mantra che fu del governo inglese di Margaret Thatcher (1979-1990) – “Prendete la bicicletta, e trovatevi un lavoro” – e affermare, contro ogni tetraggine autoconsolatoria, che nel pieno della crisi i giovani dovrebbero rimboccarsi le maniche, viaggiare, studiare e lavorare, per poi tornare nella loro patria e migliorarla. Osare più di così, in questa Europa molto lamentosa, parrebbe impossibile, a meno di non incontrare direttamente chi della Thatcher fu stretto collaboratore e addirittura speechwriter: “Hague ha ragione – dice John O’Sullivan in un colloquio con il Foglio – ma è fin troppo riduttivo. Tutti devono lavorare duro e fare sacrifici, non solo i giovani, per ricreare le condizioni economiche che pensavano fossero assicurate solo cinque anni fa”. Quanto ai giovani, si può dire che “per loro la sfida è anche più consistente: devono pensare anche a risparmiare per avere una pensione, perché il debole incremento della popolazione non può sostenere la loro previdenza”.

Se “pugno di ferro” dev’essere, insomma, 
allora che lo sia per tutti. A sostenerlo è il migliore conoscitore del pensiero della Lady di Ferro inglese. O’Sullivan infatti ha scritto per la Thatcher alcuni dei suoi discorsi più puntuti, e oggi è ancora in contatto con lei, il personaggio politico che in Europa viene invocato più spesso in questo periodo di impasse riformatrice. “I leader europei cercano di emularla per il successo che ha avuto soprattutto in campo economico: ha ricevuto un paese vicino alla bancarotta e l’ha trasformato nella quarta economia del mondo”, ricorda O’Sullivan, ospite ieri a un convegno organizzato dall’Istituto Bruno Leoni a Milano. Ma il progetto thatcheriano è difficile da replicare perché in gioco c’è il consenso politico, e quello che manca a destra come a sinistra è oggi il coraggio di rompere con altre sfere di potere: “Negli anni diversi gruppi di pressione hanno ottenuto privilegi che vogliono difendere e che non sono necessariamente in linea con i bisogni dei consumatori e dei cittadini – spiega O’Sullivan – In questo modo l’economia si cristallizza sempre di più per via della strenua difesa dei vantaggi ottenuti, anziché puntare su un ambiente produttivo più efficiente. Contrastare questi privilegi produrrebbe conflitto sociale ma non esistono riforme strutturali, ad esempio sul lavoro, se non si è pronti ad affrontarle”. La Thatcher sapeva che la battaglia sarebbe stata dura, che avrebbe dovuto convincere quasi tutti delle proprie idee anche con le maniere forti. Lo diceva anche nel 1975, prima di diventare primo ministro, in qualità di leader dei conservatori inglesi, quando all’epoca O’Sullivan la seguiva come giornalista (prima di andare a vivere in Alabama e diventare editorialista di punta della rivista National Review, come fa oggi). Riportare questo discorso ai giorni nostri significa, spiega O’Sullivan, distinguere tra sicurezza del lavoro e opportunità di lavoro, “job security” e “job opportunity”: “Non serve dire alla gente ‘puoi avere il tuo lavoro finché vuoi’, ma piuttosto: ‘C’è un’opportunità per migliorare te stesso e la tua condizione’, ponendo le basi per creare più posti possibile, imprese, e incoraggiare gli investimenti. Si tratta di far capire che i vantaggi di questo processo saranno nel lungo periodo di gran lunga maggiori rispetto alla pura e semplice conservazione del posto”.

Se oggi si dovesse mettere a scrivere con Thatcher un discorso per i leader europei, cosa direste? “Penso che la Thatcher vorrebbe incoraggiare l’Europa a sviluppare una mentalità imprenditoriale senza spingere ulteriormente in alto l’asticella della protezione sociale. Perché più si alza, più sarà difficile avere crescita economica in futuro. In secondo luogo – ipotizza O’Sullivan – direbbe di affidarsi meno alle decisioni centralizzate prese a Bruxelles. Anzi vorrebbe enfatizzare la competizione tra paesi sia in termini di protezione sociale che di tassazione: che ogni paese abbia il livello di protezione sociale che desidera, alto ad esempio in Francia, più basso in Gran Bretagna, ma alla fine, in base ai risultati, che vinca chi ha trovato la formula migliore per bilanciare il livello ottimale di protezione e tassazione”. Finora invece, conclude O’Sullivan, “l’Europa non ha funzionato come un polo competitivo ma piuttosto come un cartello tra governi che ha ristretto la competizione su questi punti dell’agenda economica”.

Nessun commento: