“Contro lo sciatto secolarismo”
Parla il grande storico conservatore inglese Paul Johnson. Le dimissioni sono in sintonia con il suo essere un intellettuale
"Abbiamo tutti bisogno del Papa, anche quei laici che non lo confesserebbero mai”. Così il re dei “neo fogey”, i reazionari colti e di gusto dell’epoca thatcheriana, l’ottantacinquenne Paul Johnson, commenta le dimissioni di Benedetto XVI. Il maggiore storico inglese, che ha scritto tanto, negli ultimi tre decenni, per svelare le grandi e piccole meschinità, le ipocrisie e le incoerenze delle “chattering classes”, la sinistra culturale benestante e compiaciuta, ritiene che l’addio di Papa Ratzinger sia in sintonia con il suo carattere. “Giudico molto saggia la decisione di Papa Benedetto di dimettersi”, dice Johnson al Foglio. “Non è normale che un Papa superi i novant’anni, inoltre la decisione è in sintonia con la formazione intellettuale di Joseph Ratzinger. Non vedo alcun segno di debolezza nella scelta di lasciare o di irrilevanza del cristianesimo nella vita pubblica contemporanea”. Autore di “Tempi moderni”, tradotto in diciotto lingue e che ha venduto più di un milione di copie, e del famoso e controverso “Gli intellettuali”, in cui sbranò i campioni della cultura del nostro tempo, Johnson issa la bandiera del common sense anglosassone all’interno del pensiero postilluminista. “Ogni domenica vado a messa nella mia chiesa di Londra dove si celebra il rito latino, non vedo mai facce smarrite, ma tante persone che scorgono nella chiesa una guida contro un secolarismo sciatto che non dà risposte. Nel mondo ci sono un miliardo di cattolici. Ci andrei piano a dire che la chiesa non ha voce nelle cose del mondo. Giovanni Paolo II era un carismatico dalla personalità fenomenale, ovunque andasse scatenava lo show. Benedetto XVI ha invece sempre preferito fare piccoli importanti discorsi in pubblico, come quando venne a Londra. Piccoli discorsi di verità. In Inghilterra Ratzinger ha riscosso un trionfo geniale e calmo come è lui. Un momento curioso avvenne nella visita alla Westminster Hall. C’erano tutti gli ex primi ministri, il governo, i parlamentari, i Lords. A un certo punto il Papa ha indicato gli angeli che sorreggevano il soffitto. Tutti hanno alzato lo sguardo, sbalorditi, come se non ci avessero mai fatto caso”.
Per questo si è ritirato, “perché non ha più le forze per compiere quello che lui riteneva necessario, essere la guida nel mondo moderno. Ha fatto un lavoro straordinario e dovremmo tutti essergliene grati”. Johnson non crede agli scandali di pedofilia che hanno coinvolto la chiesa negli ultimi due anni, soprattutto nei paesi anglosassoni. “Penso che la cosa più terribile sia avvenuta quando la chiesa ha iniziato ad accettare di pagare gli avvocati in America, è lì che i casi si sono moltiplicati”.
Secondo Johnson, caratteristica del papato di Ratzinger è stata “la tensione fra cristianesimo e mondo moderno. L’essere umano non è una creatura interamente secolare, ha bisogni secolari, ma ha bisogno d’altro per vivere, e qui il ruolo della chiesa è molto importante. Amo moltissimo Ratzinger, è un grande professore universitario, sono d’accordo con lui quando afferma che la ragione non sostiene se stessa, ha bisogno di un aggancio trascendente. Il Papa ha mostrato che la ragione ha una dimensione spirituale, come l’immaginazione, che per me resta la caratteristica umana più importante. E’ l’immaginazione che ci persuade di quanto noi siamo stati creati a immagine di Dio. Le distruttive passioni dell’uomo sono state tenute a freno dalle religioni. Senza grandi risultati però, si potrebbe obiettare. Ma quali successi ha ottenuto il mondo secolarizzato nell’elaborare un sistema alternativo di ricompensa e retribuzione? Nella sua lezione straordinaria di Ratisbona, Ratzinger ha spiegato che l’immaginazione creativa umana è in accordo con la dimensione religiosa dell’esistenza”.
Torniamo al Ratzinger intellettuale. “Il Papa viene da una famiglia di intellettuali e accademici. E’ stato il guardiano della disciplina sotto Giovanni Paolo II. Ma da Papa è stato anche un uomo di gentile benevolenza. Ha dato l’impressione di misurare ogni parola. Nel mondo accademico, scientifico e giornalistico è diventato fashion brandire la bandiera dell’ateismo militante. Sembra che di rigore gli scienziati debbano lanciarsi in diatribe sul perché la religione è incompatibile con la scienza. L’umanità si trova in bilico tra una precaria sopravvivenza e l’abisso dell’autodistruzione. E credo che il nostro destino sarà deciso dalla nostra capacità di tenere accesa quella fiamma spirituale che scalda e illumina la nostra vita”. Johnson ne ha per tutti. Sull’Umanesimo: “Si è rivelato un costernante fallimento”.
Secondo Johnson, caratteristica del papato di Ratzinger è stata “la tensione fra cristianesimo e mondo moderno. L’essere umano non è una creatura interamente secolare, ha bisogni secolari, ma ha bisogno d’altro per vivere, e qui il ruolo della chiesa è molto importante. Amo moltissimo Ratzinger, è un grande professore universitario, sono d’accordo con lui quando afferma che la ragione non sostiene se stessa, ha bisogno di un aggancio trascendente. Il Papa ha mostrato che la ragione ha una dimensione spirituale, come l’immaginazione, che per me resta la caratteristica umana più importante. E’ l’immaginazione che ci persuade di quanto noi siamo stati creati a immagine di Dio. Le distruttive passioni dell’uomo sono state tenute a freno dalle religioni. Senza grandi risultati però, si potrebbe obiettare. Ma quali successi ha ottenuto il mondo secolarizzato nell’elaborare un sistema alternativo di ricompensa e retribuzione? Nella sua lezione straordinaria di Ratisbona, Ratzinger ha spiegato che l’immaginazione creativa umana è in accordo con la dimensione religiosa dell’esistenza”.
Torniamo al Ratzinger intellettuale. “Il Papa viene da una famiglia di intellettuali e accademici. E’ stato il guardiano della disciplina sotto Giovanni Paolo II. Ma da Papa è stato anche un uomo di gentile benevolenza. Ha dato l’impressione di misurare ogni parola. Nel mondo accademico, scientifico e giornalistico è diventato fashion brandire la bandiera dell’ateismo militante. Sembra che di rigore gli scienziati debbano lanciarsi in diatribe sul perché la religione è incompatibile con la scienza. L’umanità si trova in bilico tra una precaria sopravvivenza e l’abisso dell’autodistruzione. E credo che il nostro destino sarà deciso dalla nostra capacità di tenere accesa quella fiamma spirituale che scalda e illumina la nostra vita”. Johnson ne ha per tutti. Sull’Umanesimo: “Si è rivelato un costernante fallimento”.
E sul relativismo morale: “E’ stato il peccato cardinale del Ventesimo secolo, la ragione per la quale è stata un’epoca così disperatamente infelice e distruttiva nella storia dell’uomo. Per questo tutte le forze della società moderna sono state contro Papa Ratzinger”.
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato! Distinte Autorità! Cari fratelli e sorelle!
“Trovo che le dimissioni di Benedetto XVI siano un segno preoccupante e che non a caso arrivino pochi mesi dopo quelle dell’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, l’altro leader della cristianità occidentale”. Roger Scruton, da buon erede della tradizione pessimista di Edmund Burke, non giudica positivamente la decisione di Papa Ratzinger. E da anglicano, Scruton lega l’uscita di scena del Pontefice a quella di Williams, “il prete più potente e prestigioso del mondo anglosassone”, il capo spirituale della chiesa d’Inghilterra e di settanta milioni di anglicani in tutto il mondo.

Alain Besançon, lo storico della Russia, ma anche studioso attento del cristianesimo, ha letto il messaggio di Benedetto XVI in latino, pubblicato sui giornali italiani. Il suo commento inizia dall’esegesi: “Prima osservazione, Benedetto XVI non ha mai pronunciato la parola Papa, ma a proposito della nuova elezione parla di ‘vescovo di Roma’, unico titolo che la chiesa di Roma riserva al Papa, dai tempi di Costantino, quando l’imperatore romano, sovrano pontefice, concesse il proprio titolo al capo della chiesa. Il che è un fatto positivo. Secondo punto, Benedetto XVI è rimasto nei canoni del diritto canonico: è libero, e ha fatto pubblicamente atto di rinuncia. Un Papa che non fosse libero, ma coartato, rinchiuso in prigione, non avrebbe avuto il diritto di dimettersi, inquantoché sarebbe stato costretto a farlo. Altro aspetto imposto dal diritto canonico, la dichiarazione pubblica, ‘in pectu’. Terzo punto, la scadenza delle tre settimane. Il Papa ha annunciato che dalle ore 20 del 28 febbraio il seggio pontificio sarà vacante”. Un annuncio anticipato, insomma? “E qui sta il punto. I ben informati sostengono che Benedetto XVI avrebbe voluto dimettersi subito. Tre settimane è un arco di tempo abbastanza breve ma sufficientemente lungo per tirare fuori scandali, pettegolezzi, voci infamanti. Perciò a me pare una scelta azzardata, o quantomeno rischiosa. Tant’è che per correggerla, Ratzinger il Papa dimissionario, ha subito istituito un Conclave immediato dopo le sue dimissioni, evitando così un Papa ad interim per dominare la vacatio regis”. Il precedente, ricorda Besançon, fu quello di Leone XIII. “Papa Pecci regnò in età avanzata, fino a 93 anni, ma gli ultimi cinque anni del suo pontificato era così debilitato che fu necessario affidare a qualcun altro il governo della chiesa. Dunque, la scelta di Ratzinger oggi mi pare una novità importante. Segna una rottura rispetto ai precedenti, una rottura necessaria per evitare la degenerazione legata all’età avanzata”.
“L’abbandono del pontificato da parte di Papa Benedetto XVI è un gesto di grande portata innovativa, senza riscontri nella storia millenaria della chiesa. Questo è sotto gli occhi di tutti – dice al Foglio il filosofo Massimo Cacciari – ma ora dobbiamo chiederci che cosa cambierà con quel gesto, anche se è difficile capire, fin da ora, a che cosa porterà”.
New York. David Schindler è rimasto sorpreso come il resto del mondo alla notizia dell’abdicazione di Benedetto XVI dal trono di Pietro. Ma, a differenza di tanti, l’iniziale turbamento del teologo americano aveva una particolare sfumatura personale, perché Schindler è intimo dell’uomo e della sua teologia. Si è formato nel circolo di De Lubac, di Von Balthasar e di Ratzinger, ha iniziato a lavorare alla rivista teologica internazionale Communio nel 1974 e dai primi anni Ottanta è il direttore dell’edizione anglo-americana. Ora è decano emerito e professore di Teologia fondamentale all’Istituto Giovanni Paolo II di Washington. Al Foglio racconta che quando ha letto la breve dichiarazione con cui Benedetto XVI ha annunciato la sua discesa dal soglio pontificio ha “visto un uomo completamente libero. Libero non nel senso ridotto e negativo con cui si intende comunemente il termine: la vera libertà non è la liberazione da un fardello troppo pesante per essere portato, ma il compimento della propria natura. In quelle parole c’è tutto il peso della meditazione, della preghiera e si intravede tutta la profondità di questo grande uomo. Chi conosce Benedetto XVI sa quale peso dà alle parole. Ovviamente tutti leggono fra le righe, cercano le ‘vere’ motivazioni in chissà quale cospirazione, ma è tutto lì, nelle sue parole. Dice che ha ‘ripetutamente esaminato la coscienza davanti a Dio’ ed è pervenuto alla ‘certezza’. ‘Ripetutamente’ e ‘certezza’ non sono parole scelte a caso, ma vengono da una profonda intimità con Dio”.