venerdì 1 febbraio 2013

Perché per un (futuro) governo liberista è doveroso riformare la giustizia, di Carlo Stagnaro


Avere un sistema giudiziario ben funzionante non risponde solo a ovvie esigenze di tutela dei diritti di tutti, ma anche alla necessità di creare condizioni favorevoli alla crescita. “Giustizia efficiente”, infatti, significa dare un senso pieno ai “pezzi di carta” che intercorrono tra agenti economici: siano essi gli accordi tra privati (i contratti) oppure accordi tra un privato e una pubblica amministrazione (per esempio le autorizzazioni). Secondo il Competitiveness Report del World Economic Forum, l’Italia arriva 139esima su 144 paesi per quel che riguarda le dispute civili, e 131esima nella giustizia amministrativa. Nell’indagine Doing Business della Banca mondiale, alla voce “enforcing contracts” (che ha appunto a che fare con la giustizia civile) il nostro paese ottiene il 160esimo posto. In particolare, una causa commerciale dura in media 1.210 giorni, contro una media Ocse di 510, e costa il 29,9 per cento delle somme contestate, contro una media del 20,1 per cento.
Ottenere giustizia richiede il doppio del tempo e costa un terzo in più. Per l’Italia è disponibile anche un’indagine subnazionale, che mette a confronto l’efficienza delle singole giurisdizioni, tra l’altro, nel garantire il rispetto dei contratti. Al primo posto arriva Torino che, pur collocandosi comunque a grande distanza dalle medie Ocse, appare decisamente migliore rispetto alla media nazionale: per dirimere una disputa commerciale, servono 855 giorni (anziché 1.210) e una spesa pari al 22,3 per cento (contro il 29,9) delle somme contestate. Com’è possibile che, all’interno di uno stesso paese, esistano città dove il costo di una causa è paragonabile alla media Ocse, e la sua durata inferiore di un terzo rispetto alla media nazionale? […] Le misure sono indifferibili sia per la gravità del problema, sia perché in buona parte sono direttamente applicabili. Per quanto riguarda la situazione, l’arretrato da smaltire al 30 giugno 2011 (ultimo dato disponibile) era pari a quasi 9 milioni di processi, di durata incompatibile coi criteri europei (2.645 giorni le cause civili e 1.753 quelle penali) e in crescita (nel 2011 si sono allungati del 3,1 per cento i tempi del primo grado, del 9 per cento quelli dell’appello e dell’11,3 per cento i pronunciamenti del giudice di pace). In parte questi numeri sono frutto della litigiosità degli italiani […], ma in misura derivano dalla cattiva organizzazione del settore giudiziario. Di certo, il problema non è quello del sottofinanziamento della giustizia. Per affrontare questi problemi e rendere più efficiente la giustizia, si propone un mix di interventi di carattere normativo e non.
Per quanto riguarda gli interventi di carattere non normativo, occorre incentivare […] il ricorso a strumenti alternativi di risoluzione, quali gli arbitrati. Bisogna poi insistere su una migliore organizzazione del lavoro all’interno dei tribunali, seguendo il citato esempio di Torino: nel capoluogo piemontese l’introduzione di strumenti premiali per i magistrati più efficienti, oltre che una più razionale distribuzione dei carichi lavorativi, ha consentito di accelerare i tempi di giudizio e alleggerire lo stock di arretrato. Dal punto di vista delle modifiche di natura normativa, bisogna anzitutto scoraggiare l’accesso alla giustizia per ragioni di modesta entità o per cause pretestuose, per esempio tramite la riforma delle funzioni del giudice di pace, da attuarsi assegnando allo stesso una sorta di ruolo conciliativo. Servono poi una serie di cambiamenti apparentemente minori ma in realtà essenziali, come la liberalizzazione delle notifiche, che allo stato attuale possono essere consegnate solo da ufficiali giudiziari. Oggi 5.183 dipendenti pubblici devono recapitare manualmente 112.000 notifiche al giorno: si tratta del 12 per cento del personale della giustizia. L’informatizzazione della giustizia avrebbe ugualmente effetti positivi. Infine, è la governance stessa del settore che deve essere ristrutturata, con una riforma del Consiglio superiore della magistratura per garantire una maggiore trasparenza nello svolgimento dei compiti di controllo dell’operato della magistratura, prevedendo una individuazione dei membri per sorteggio all’interno delle stesse categorie dalle quali ora vengono eletti e un periodo di incarico di 3 anni, non rinnovabile.

*Stralci dal volume “Liberare l’Italia. Manuale delle riforme per la XVII legislatura”, in uscita in questi giorni a cura dell’Istituto Bruno Leoni.

Nessun commento: