mercoledì 13 febbraio 2013

“Ho visto un uomo libero”. L’addio e la mistica del papato, di Mattia Ferraresi


Davanti al gran gesto di Benedetto XVI / 1


Le sfumature personali e spirituali delle dimissioni analizzate dal teologo Schindler, collaboratore di Ratzinger a Communio

New York. David Schindler è rimasto sorpreso come il resto del mondo alla notizia dell’abdicazione di Benedetto XVI dal trono di Pietro. Ma, a differenza di tanti, l’iniziale turbamento del teologo americano aveva una particolare sfumatura personale, perché Schindler è intimo dell’uomo e della sua teologia. Si è formato nel circolo di De Lubac, di Von Balthasar e di Ratzinger, ha iniziato a lavorare alla rivista teologica internazionale Communio nel 1974 e dai primi anni Ottanta è il direttore dell’edizione anglo-americana. Ora è decano emerito e professore di Teologia fondamentale all’Istituto Giovanni Paolo II di Washington. Al Foglio racconta che quando ha letto la breve dichiarazione con cui Benedetto XVI ha annunciato la sua discesa dal soglio pontificio ha “visto un uomo completamente libero. Libero non nel senso ridotto e negativo con cui si intende comunemente il termine: la vera libertà non è la liberazione da un fardello troppo pesante per essere portato, ma il compimento della propria natura. In quelle parole c’è tutto il peso della meditazione, della preghiera e si intravede tutta la profondità di questo grande uomo. Chi conosce Benedetto XVI sa quale peso dà alle parole. Ovviamente tutti leggono fra le righe, cercano le ‘vere’ motivazioni in chissà quale cospirazione, ma è tutto lì, nelle sue parole. Dice che ha ‘ripetutamente esaminato la coscienza davanti a Dio’ ed è pervenuto alla ‘certezza’. ‘Ripetutamente’ e ‘certezza’ non sono parole scelte a caso, ma vengono da una profonda intimità con Dio”.
Molti commentatori, elogiando o deprecando il gesto, hanno parlato di una concessione della chiesa alla modernità: una chiesa in cui il Pontefice si dimette si assimila alle pratiche mondane, si riduce a istituzione fra le istituzioni. Schindler rovescia questa lettura, che non tiene conto della natura della chiesa: “E’ stato un gesto di grande coraggio e libertà ispirato all’amore per la chiesa. Il mondo oblitera, perché non la capisce, la dimensione mistica della chiesa e del papato. La chiesa non è un consiglio d’amministrazione, è un corpo mistico e insieme un’istituzione storica. I due aspetti sono legati alla radice, non si possono mai disgiungere. La scelta di Benedetto XVI va letta nell’orizzonte misterioso del suo personale rapporto con Dio. Questa prospettiva distrugge radicalmente le idee sciocche che il Papa abbia in qualche modo rifiutato di salire sulla croce o che la chiesa abbia fatto un passo verso la secolarizzazione: purtroppo sono in pochi a capire e accettare il modo in cui la chiesa definisce se stessa, e riportano tutti gli eventi che la riguardano alle categorie inadeguate di cui dispongono”.
Secondo Schindler Benedetto XVI ha voluto mandare un messaggio a tutta la chiesa, un messaggio che guarda alla sua condizione presente sullo sfondo del suo compito eterno: “Il riferimento alla preghiera e alla sofferenza è fortissimo – spiega – perché riunisce le due dimensioni fondamentali, quella della cultura e del rapporto con Dio. Collego la sofferenza alla crisi culturale del nostro tempo che il Papa ha affrontato con forza in tutta la sua riflessione teologica e nel papato; la preghiera è invece il riferimento alla dimensione eterna. Dico che è un messaggio nel senso che un gesto del genere impone a tutti, anche ai non credenti, di chiedersi: perché l’ha fatto? D’accordo, la vecchiaia e l’infermità sono motivazioni oggettive, e riconoscerle è proprio di una persona umile e realista come Ratzinger. Ma non si ritira in una villa con piscina. Continua a pregare e soffrire nel silenzio – e quante volte ha richiamato al valore del silenzio in questi anni. Credo che stia dicendo una cosa profondissima che getta un seme nuovo nel mondo: l’uomo deve ritrovare una dimensione più profonda e per farlo deve orientarsi al suo vero bene, il rapporto con Dio. Mi sembra assurdo e fuori luogo collegare direttamente i segreti di Fatima, per non parlare delle profezie di Malachia, all’abdicazione, ma trovo che la scelta del giorno della Vergine di Lourdes sia un segno di profonda connessione con il contenuto di tante apparizioni mariane, cioè la necessità della preghiera sullo sfondo di una grave crisi culturale”.
Nell’introduzione a una raccolta in inglese degli scritti di Ratzinger su Communio,Schindler ha scritto che “raramente scrive di qualsiasi affare della chiesa senza manifestare le sue implicazioni per l’uomo e per la cultura, e viceversa. Questo collegamento indissolubile è uno dei fattori distintivi della sua teologia”. E nell’abbandono del trono di Pietro, Benedetto XVI riafferma in forma rivoluzionaria questo legame indissolubile, invitando gli uomini a scavare nelle cose mondane per accedere a una profondità ulteriore. Un gesto di forza che paolinamente si manifesta nell’apparente debolezza. “E’ così che agisce la Provvidenza. Il nostro compito è di osservare realmente quello che il Papa ha detto e di custodire questo gesto nei cuori affinché porti frutto. Il resto mi sembra una stupida diminuzione”.

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