martedì 24 luglio 2012

Guida pratica per uscire dall’euro, di Michele Masneri


Il concorso a premi per consigliare Atene (e noi tutti) sul break-up

Oggi la Troika, cioè il terzetto composto da emissari del Fondo monetario internazionale, della Banca centrale europea e della Commissione di Bruxelles sarà nuovamente ad Atene in un clima sempre più incerto. Ieri il Fmi in una nota ha precisato di stare “appoggiando la Grecia per permetterle di superare le proprie difficoltà economiche”. Ma nei giorni scorsi erano filtrate indiscrezioni di alto livello circa un possibile disimpegno proprio del Fondo. Anche dal governo di Berlino, ieri, trapelava la volontà di non impegnarsi ulteriormente nel sostenere la Grecia.
Insomma, scenario pesantissimo quello che si prospetta per Atene, ma nel frattempo qualcuno ha pensato bene di studiare una guida pratica, una specie di Baedeker per Atene, mostrando esattamente che cosa succederà e in che tempi per il paese che uscirà dalla moneta unica. Lo ha fatto la società di consulenza Capital Economics, una delle più importanti del mondo, presentando un documento di centoquarantadue pagine intitolato “Lasciare l’euro. Una guida pratica”, che ha vinto un importante premio economico britannico, il Wolfson Prize.
Il premio, di 250 mila sterline, secondo solo al Nobel per generosità, è sponsorizzato dal Charles Wolfson Charitable Trust che fa capo a sua volta alla famiglia Wolfson, proprietaria del marchio di abbigliamento Next e con un interesse molto sviluppato per la politica. Simon Wolfson, quarantaquattrenne, è direttore generale di Next ma soprattutto è un membro preminente della Camera dei Lord (nelle file dei Tories guidati oggi dal premier David Cameron).
Ammesso nel 2010 alla Camera alta del regno, Wolfson secondo il Telegraph è una delle 100 teste più interessanti dei conservatori inglesi. E’ stato uno dei maggiori contribuenti alla campagna elettorale 2005 dell’attuale primo ministro David Cameron oltre che condirettore della commissione sulla Competitività predisposta dallo stesso Partito conservatore. E’ stato anche uno dei trentacinque firmatari di una lettera aperta al consigliere dello Scacchiere George Osborne che chiedeva maggiori iniziative per ridurre il deficit. Anche il padre di Wolfson, David, è un membro della Camera alta, sempre per il Tory party.
Il premio Wolfson quest’anno chiedeva di mandare proposte attorno al tema “se uno stato membro lascia l’Unione economica e monetaria, qual è il sistema migliore per generare crescita e prosperità per i membri rimanenti” e Capital Economics ha vinto su oltre 400 studi inviati.
La strada, secondo il direttore della società di consulenza, Roger Bootle, capoprogetto della ricerca, è articolata. Il caso di scuola naturalmente riguarda la Grecia che avrebbe “l’ottanta per cento di possibilità nei prossimi due anni di abbandonare l’euro”. In primo luogo, per Atene si tratterebbe di reintrodurre la dracma. Tuttavia, dice lo studio, “abbiamo chiesto ad alcune tra le più importanti tipografie del settore quanto tempo serve per stampare materialmente moneta e ci hanno risposto un minimo di sei mesi”, dunque tempi troppo lunghi, ecco perché Atene i primi tempi dovrebbe “sbianchettare” gli euro circolanti trasformandoli ufficialmente in dracme. A partire dal primo giorno di uscita dall’euro, la dracma dovrebbe essere quotata alla pari; così come tutti i prezzi, salari, prestiti e depositi vengono ridenominati uno a uno rispetto al vecchio euro. Nonostante la parità, a partire dal primo giorno di break-up ci sarebbe un crollo della nuova moneta del 30-50 per cento; con conseguente impennata dei prezzi almeno del 10 per cento.
Ecco perché si tratterebbe di mettere in atto veloci misure contro la fiammata inflazionistica che arriverebbe: un regime di inflation targeting, con una serie di regole fiscali molto dure, monitorate da un organismo di esperti indipendenti. Anche il debito pubblico dovrebbe essere rinominato in dracme: debito pubblico che dovrebbe essere naturalmente ristrutturato; Capital Economics prevede un default con un “haircut” o riduzione che lo porti almeno al 60 per cento del pil.
Naturalmente, se i mercati fossero a conoscenza di questi preparativi, ci sarebbe un’immediata (e maggiore rispetto a quella già in atto) fuga di capitali. Ecco perché Bootle propone che i funzionari del paese uscente si incontrino in segreto un mese prima dell’annuncio pubblico del break-up. I partner dell’Eurozona e le altre istituzioni monetarie internazionali sarebbero informati poi solo tre giorni prima del “D-Day”, che dovrebbe preferibilmente avvenire di venerdì. Subito dopo questo annuncio, banche e mercati finanziari domestici andrebbero chiusi; ma il blocco dei capitali dovrebbe durare il meno possibile. Questo per i “sommersi”.

E cosa deve fare chi resta dentro?
E i “salvati”, cioè i rimanenti membri dell’Eurozona? Secondo Bootle, essi devono accelerare l’unificazione delle proprie politiche fiscali e di bilancio. Ma nello stesso tempo, liberati dalle tensioni greche, i membri dell’Eurozona potrebbero allentare la morsa di bilancio di Bruxelles e rilanciare la crescita. E’ importante, dice l’economista, che tutto ciò avvenga molto rapidamente, non più di qualche mese. Anche perché nel frattempo qualche paese dell’area euro vedendo gli sviluppi greci (svalutazione, dimezzamento del debito, eccetera) potrebbe cominciare a provare qualche invidia e “subire qualche tentazione”.

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