I tre gravi limiti delle ricette anti crisi convenzionali. Parla Masera

Il “modello convenzionale” di risoluzione della crisi si basa innanzitutto sul “rigore fiscale, praticato come mix di tagli alla spesa e aumenti delle tasse”. A sua volta questa politica, incorporata nel Fiscal compact con il quale 25 stati dell’Ue si sono dati obiettivi vincolanti sui conti pubblici, “poggia su uno schema di domanda e offerta nel quale la curva di offerta è verticale”. Secondo Berlino, minore spesa pubblica e minore domanda dovrebbero far calare prezzi e salari. Se il livello di produzione rimane invariato – la curva di offerta verticale, appunto – la competitività aumenterà riducendo il gap con i primi della classe. Purtroppo, osserva Masera, la curva di offerta non è verticale, come dimostra la caduta del pil ovunque sia stata tentata questa cura. “Il Fiscal compact va modificato – dice l’economista – Una strategia accettabile per Berlino potrebbe essere quella di distinguere la spesa pubblica corrente da quella per investimenti”. La Golden rule alla quale pensa il governo “è troppo permissiva. Solo gli investimenti in ‘infrastrutture intelligenti’ devono essere tenuti fuori dai vincoli di bilancio”. C’è un’altra rassicurazione che si potrebbe dare a Berlino, ed è un ruolo preminente della Banca europea degli investimenti (Bei), del cui cda Masera fa parte: “Se gli investimenti da scorporare dal Fiscal compact fossero solo quelli cofinanziati da governi e Bei, ciò farebbe scattare automaticamente un vincolo quantitativo – visto che il capitale della Bei è limitato – e un vincolo qualitativo, considerato che così si potrebbe controllare il tipo di spesa effettuata”. Per Masera il pacchetto da 120 miliardi di euro per la crescita approvato al vertice Ue della scorsa settimana costituisce un primo “adattamento” da parte di Berlino. Ma non basta.
Il secondo “falso mito” su cui si fonda il “modello convenzionale” riguarda la politica monetaria. “Secondo le idee di economisti come Milton Friedman e Robert Lucas, poi rielaborate e fatte proprie da pensatori tedeschi come Otmar Issing, già capo economista della Banca centrale europea (Bce) – osserva Masera – i processi di offerta e di domanda di moneta sono stabili. Ergo, qualsiasi eccesso di creazione di base monetaria rispetto al prodotto potenziale genera inflazione. E’ un modello semplicistico”. In realtà, dimostra con una serie di grafici l’ex ministro, la base monetaria si è ampliata, così come il bilancio della Bce, ma la variazione di quantità di moneta e prezzi non ha seguito automaticamente. Infatti l’inflazione – secondo le stime di Francoforte – scenderà sotto il 2 per cento entro l’inizio del 2013. Anche qui una parziale correzione di rotta c’è stata: “Con la sua iniezione straordinaria di liquidità per le banche Mario Draghi ha fatto da prestatore di ultima istanza, seppure non nella forma disciplinata e trasparente, e perciò più efficace, della Bank of England o della Fed. E’ poi da ritenersi positiva la proposta italiana di un meccanismo anti spread che prevede, almeno potenzialmente, che il Fondo salva stati permanente (Esm) sia finanziato dalla Bce”.

Nessun commento:
Posta un commento