All’udienza generale il Papa ricorda che la fede va comunicata con la parola e la vita
Appello per assicurare accesso ai farmaci e terapie ai malati di Aids
Accesso ai farmaci e terapie efficaci per i malati di Aids sono stati chiesti dal Papa durante l’udienza generale di mercoledì 28 novembre. Ai numerosi fedeli riuniti nell’Aula Paolo VI il Pontefice ha ricordato che il prossimo 1° dicembre ricorre la giornata mondiale indetta dalle Nazioni Unite «per richiamare l’attenzione su una malattia che ha causato milioni di morti e tragiche sofferenze umane, accentuate nelle regioni più povere del mondo, che con grande difficoltà possono accedere ai farnaci efficaci». Da qui l’incoraggiamento di Benedetto XVI alle «numerose iniziative che, nell’ambito della missione ecclesiale, sono promosse per debellare questo flagello». Con un pensiero particolare per i moltissimi bambini «che ogni anno contraggono il virus dalle proprie madri, nonostante vi siano terapie per impedirlo».
L’appello è giunto al termine di un’udienza che il Papa ha dedicato in modo particolare al tema della comunicazione della fede. «Come parlare di Dio nel nostro tempo?» è stata «la domanda centrale» intorno alla quale il Pontefice ha sviluppato la sua riflessione. «Noi possiamo parlare di Dio — ha risposto anzitutto — perché Dio ha parlato con noi». Egli infatti «non è un’ipotesi lontana sulle origini del mondo» o «un’intelligenza matematica molto lontana da noi», ma «si interessa di noi» e «ci ama».
Parlare di Lui vuol dire dunque «portare agli uomini e alle donne del nostro tempo non un Dio astratto, un’ipotesi, ma un Dio concreto, che è entrato nella storia ed è presente nella storia». Per questo Benedetto XVI raccomanda «un recupero di semplicità, un ritornare all’essenziale dell’annuncio». Il modello a cui guardare resta san Paolo, il quale non comunica una filosofia ma una realtà che è entrata a far parte della sua vita; e lo fa non per «crearsi una squadra di ammiratori» ma per guadagnare le persone al Dio «vero e reale».
Dal Papa anche un invito a considerare la famiglia come «luogo privilegiato per parlare di Dio» e per comunicare la fede con «la tonalità della gioia».
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