sabato 3 dicembre 2011

La solitudine del premier, di Marcello Sorgi

La manovra che Monti si accinge a presentare lunedì rischia di provocare un terremoto politico e sindacale. Se le misure saranno quelle circolate ieri in una serie di circostanziate indiscrezioni, e se le reazioni saranno quelle minacciate, man mano che il quadro delle misure prendeva forma, la luna di miele tra il governo tecnico, la sua larga ancorché informale maggioranza tripartita e le parti sociali è destinata a interrompersi bruscamente.

Nulla che il presidente del Consiglio, chiamato a dolorose e impopolari scelte di rigore economico, non potesse prevedere fin dal primo momento. Ma la gelata che si prepara - e tra oggi e domani si farà sentire, in occasione degli incontri di Monti con partiti, sindacati e parti sociali coglie il governo in un momento difficile oltre che prematuro, prima ancora di poter sperimentare e rodare il rapporto con il Parlamento, e con il rischio di forti fibrillazioni nei due campi di centrodestra e centrosinistra.

Dato purtroppo per scontato l’inasprimento delle misure - a partire, sempre se sarà confermato, dall’inasprimento dell’Irpef, destinato ad abbattersi sui lavoratori dipendenti in parte già colpiti dalla manovra estiva -, e ricavato che Monti, nei suoi primi contatti con i partners europei dev’essersi trovato di fronte a interlocutori ancora più esigenti di quanto si aspettava, la svolta porterà molto probabilmente a un capovolgimento del quadro politico, quale si era manifestato all’atto della nascita del governo. Mentre infatti Monti aveva fin qui trovato appoggi più convinti nel centrosinistra, soddisfatto già solo per la caduta di Berlusconi, e meno entusiasti nel centrodestra, da cui subito si era staccata la Lega dopo vent’anni quasi di alleanza, adesso sta per accadere il contrario.

Occorre infatti mettere in conto il passaggio all’opposizione di Di Pietro, che ha già fatto sapere che all’incontro con il premier non andrà. Ma anche nel Pd la richiesta di Bersani a Monti, di spostare a sera l’appuntamento, lascia intuire che il segretario prende tempo per poter valutare meglio le conseguenze della probabile rottura tra Cgil (e forse non solo) con il governo. Trovarsi a votare il decreto anticrisi in un Parlamento assediato dagli scioperanti non sarebbe affatto facile per il maggior partito della sinistra.

A destra Berlusconi è cauto, ma la linea del Pdl è già decisa: in pubblico e in tv, il partito sarà recalcitrante e dichiaratamente contrario agli aumenti di tasse dirette e indirette che la manovra prevede, e che sarà compito di Alfano e dei principali dirigenti pidiellini scaricare sui tecnici e sul pezzo di maggioranza di sinistra che li sostiene. Ma alla fine nelle Camere il Pdl darà il suo assenso, accompagnato magari da mille distinguo.

Con l’urgenza che viene da Bruxelles (il 9 dicembre Monti parteciperà al vertice europeo in cui dovrebbero essere riscritti i rapporti tra i maggiori alleati), e con la scadenza di approvazione delle misure fissata in pochi giorni, entro Natale, i colloqui che il presidente del Consiglio avrà oggi e domani prima di licenziare il decreto saranno assolutamente nevralgici. Tempo per contrattare ce n’è poco, ed è chiaro che Monti ha convocato i suoi interlocutori per informarli e chiedergli uno sforzo di responsabilità. Ma è inutile nascondersi che una procedura del genere, che non ha precedenti (se non lo sfortunato vertice del tunnel di Palazzo Giustiniani, che ha provocato polemiche a non finire), è assolutamente a rischio. E il precedente della lunga gestazione della lista dei sottosegretari non depone certo a favore di un maggiore ottimismo.

La tentazione di prendere le distanze dal governo, sommergendolo di critiche e di propaganda, è purtroppo diffusa tra le diverse file dei dissidenti della maggioranza. Così, nel momento in cui avrebbe bisogno dell’appoggio del più forte, Monti rischia di ritrovarsi solo. C’è da sperare che non accada; che di qui a lunedì, nella politica stordita da quanto sta accadendo irrompa un soprassalto di ragionevolezza. Ma se così non dovesse essere, il professore non abbia timore della solitudine. E vada avanti lo stesso.



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