venerdì 9 marzo 2012

Così il governo discute come e quando tagliare il debito pubblico, di Michele Arnese


La visione flemmatica di Monti, Giarda e Moavero, il ruolo del Tesoro e le attese dei banchieri (da Mediobanca a Citibank)

I banchieri, non solo d’affari, iniziano a scalpitare: in Italia, dopo il rigore e le prime spinte alla crescita, è urgente abbattere il debito pubblico. Non c’è soltanto Mediobanca che, con una ponderosa ricerca sull’italiana Cdp, la francese Cdc e la tedesca KfW, ha garbatamente e indirettamente consigliato il governo Monti di approntare un piano per tagliare il debito pubblico ricorrendo alla Cassa depositi e prestiti, controllata al 70 per cento dal Tesoro ma fuori dal perimetro della Pubblica amministrazione (quindi gli acquisti di partecipazioni di società statali dal Tesoro possono contribuire a ridurre il debito). E’ stato più esplicito due giorni fa Alberto Cribiore, vice ceo di Citibank, in una conferenza a New York: “Se l’Italia non risolve il problema del debito – ha detto – l’attività della Banca centrale europea di Mario Draghi serve a poco perché l’iniezione di liquidità accoppiata all’austerità non è garanzia di crescita”. “Per risolvere la crisi debitoria italiana – ha aggiunto Cribiore – bisognerebbe adottare una ristrutturazione, ma non conviene percorrere questa strada perché le banche dovrebbero chiedere soldi allo stato per intervenire”.

Eppure a Palazzo Chigi non si avverte l’urgenza di accelerare in operazioni taglia-debito. Anche su questo tema c’è sintonia tra il premier Mario Monti e i ministri Piero Giarda (Rapporti con il Parlamento) ed Enzo Moavero (Affari europei) che costituiscono il trio più affiatato alla presidenza del Consiglio. La loro impostazione, in sintesi, è la seguente: il pareggio di bilancio nel 2013 determinerà un’automatica discesa del costo del debito in termini di interessi e quindi dello stesso debito.

E’ anche la tesi di un economista come Giuseppe Pisauro, che ha fatto parte della commissione tecnica del Tesoro per la spesa pubblica dal 1991 fino al suo scioglimento nel 2003, e da luglio 2006 dirige la Scuola superiore dell’economia e delle finanze che dipende dal dicastero di via XX Settembre: dal prossimo anno dovrà essere il bilancio in pareggio a blindare la discesa del debito, secondo Pisauro. Con una crescita reale pari a zero nel 2013 e un’inflazione al 2 per cento – ha calcolato l’economista – il debito calerebbe dal 120 per cento al 118 per cento. Nel 2014, con il pareggio di bilancio stabilizzato, una crescita reale dell’1 per cento e l’inflazione al 2 per cento, si scenderebbe a quota 114 per cento e poi sempre più giù.

E se la crescita del prodotto interno lordo sarà più bassa delle stime? Ci soccorrerà, dicono ambienti della presidenza del Consiglio, la spending review avviata da Giarda, che a questo scopo con una lettera riservata al presidente del Cnel, Antonio Marzano, ha chiesto un sostegno anche agli esperti del Cnel: è all’opera un comitato composto tra gli altri dal tecnico Maria Teresa Salvemini; l’iniziativa è nata dalla prima commissione del Cnel presieduta dall’esponente di Confindustria, Costanzo Jannotti Pecci.

In ambienti governativi si nota, invece, una diversa impostazione del Tesoro e del viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli. Nessuna contrapposizione di alcun tipo, piuttosto la consapevolezza di programmare operazioni di abbattimento del debito con un ruolo preminente per la Cassa depositi e prestiti presieduta da Franco Bassanini e guidata dall’amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini. Le esperienze estere, in particolare francesi e tedesche, non mancano, come ha testimoniato con dovizia di particolari (e di proposte eccentriche come quella dell’oro, borbottano in Bankitalia) uno studio comparativo degli analisti di Mediobanca.

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