venerdì 23 marzo 2012

L'agitazione delle anime, di Michele Salvati


LABURISTI E LIBERALI NEL CENTROSINISTRA


Si raccoglie quello che si è seminato. Per ragioni evidenti - il legame con la Cgil, ma anche convinzioni antiche di una parte della sua dirigenza - sul tema della riforma della legislazione del lavoro il Pd ha lasciato convivere al suo interno posizioni molto diverse, l'anima di Damiano e l'anima di Ichino, per ricordarne gli esponenti più noti. Come l'asino di Buridano, tra queste anime non ha mai deciso e le ha lasciate polemizzare al suo interno. Quando è stato al governo ha sempre evitato di porre il tema sul tappeto nei suoi aspetti più ostici. Quando al governo era Berlusconi, questi si è ben guardato dall'affrontare il problema: in altre faccende affaccendato, egli ha seguito la sua ben nota strategia di galleggiamento e quieto vivere. Ad affrontare il toro per le corna c'è voluto Monti, e ora il Pd è nei guai.


Questo è un brutto momento per fare «la» riforma della legislazione del lavoro. Ciò che veramente incide sulle condizioni di benessere dei lavoratori - quelli che già sono occupati e quelli che vogliono entrare nel mercato - sono i livelli e la dinamica dell'occupazione, della domanda di lavoro: quando questi sono sostenuti, ci saranno assunzioni massicce, licenziamenti scarsi, e i licenziati in un'azienda troveranno facilmente lavoro in un'altra: l'articolo 18 interessa allora a ben pochi. Le cose stanno in modo diverso quando l'occupazione è scarsa e la domanda di lavoro è fiacca, se non addirittura in regresso. È la situazione attuale e temo che sarà destinata a durare per molto tempo, perché una ripresa economica non è in vista. In questa situazione ciò che influisce sul benessere dei lavoratori sono le garanzie di sostegno del reddito nel caso non si trovasse o si perdesse il lavoro: è questo che interessa, assai più dell'articolo 18. Qui però ci si scontra con il secondo motivo che rende il momento poco adatto alla riforma: la scarsità di risorse finanziarie disponibili per un ridisegno robusto degli ammortizzatori sociali.


Ma i momenti per riformare spesso non si scelgono, si verificano, e bisogna coglierli al volo. Di una riforma che aggiornasse la nostra obsoleta disciplina avevamo un grande bisogno: non solo perché ce la chiedono l'Europa e i mercati, ma per le iniquità e gli ostacoli allo sviluppo che essa contiene. Il centrodestra e il centrosinistra che abbiamo conosciuto non l'avrebbero mai fatta e, se rimanessero gli stessi, mai la farebbero in futuro: bene hanno dunque fatto Monti e Fornero a proporla. La riforma è solo abbozzata. Alcune misure mi convincono, altre meno. Oltretutto non si tratta di un testo definitivo ed è probabile (anzi, sperabile) che il Parlamento lo discuta a fondo e dunque alcune misure vengano riformulate. E qui, forse, il Pd può recuperare in extremis quella credibilità che le sue incertezze hanno sinora appannato. Può farlo, però, solo se l'asino di Buridano decide a quale mucchio di fieno rivolgersi, se a quello riformista o a quello della conservazione sindacale: concentrarsi sull'articolo 18 e definire la sua riforma come «pericolosa e confusa», come ha fatto D'Alema, non è un buon segno. Così come non lo è avanzare l'argomento della sacralità della concertazione. La concertazione all'italiana è stata una fase della nostra storia recente, motivata da circostanze eccezionali e ci voleva un governo frutto anch'esso di circostanze eccezionali per ribadire un principio costituzionale ovvio: che il governo ascolta e discute con i rappresentanti degli interessi - e questo governo ha ascoltato e discusso -, ma poi propone al Parlamento un testo legislativo. E il Parlamento decide. 

http://www.corriere.it/editoriali/12_marzo_22/agitazione-delle-anime-salvati_132a58a0-73e6-11e1-970a-fabda8494773.shtml

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