venerdì 16 marzo 2012

La vita è sempre un dono meraviglioso


L’episcopato cattolico in Argentina su una recente decisione della Corte Suprema di Giustizia


«Non c’è nulla che possa giustificare l’eliminazione di una vita innocente». L’episcopato cattolico in Argentina torna con forza a ribadire la ferma opposizione alla diffusione dell’aborto, in una dichiarazione del presidente, l’arcivescovo di Santa Fe de la Vera Cruz, monsignor José María Arancedo, a commento della recente decisione della Corte Suprema che ha ratificato una sentenza emanata da un tribunale distrettuale con la quale si riconosce la possibilità, senza alcuna eccezione, di praticare l’interruzione volontaria di gravidanza per le donne vittime di violenze sessuali. Il presule, che ha anche avuto un incontro con il presidente della Corte Suprema, Ricardo Lorenzetti, ha aggiunto, al termine del colloquio, che si tratta di una decisione che «indebolisce la difesa della vita e che ora praticare un aborto è più facile». La Corte Suprema, in particolare, ha ratificato la sentenza di un tribunale della provincia settentrionale di Chubut che riguarda il caso di una minorenne vittima di abusi familiari. Il Codice penale argentino stabilisce che l’aborto non è punibile se la gravidanza è frutto di atto commesso contro una donna affetta da disturbi mentali o nei casi in cui sia a rischio la vita o la salute della donna, ma nello specifico è stata riconosciuta dal tribunale la legittimità della volontà di abortire anche in assenza di disturbi mentali della minorenne.
L’aborto nel Paese continua comunque a essere illegale, salvo in alcuni casi specifici e i medici che non rispettano la legge sono punibili con il carcere, tuttavia si osserva che la ratifica da parte della Corte Suprema consente ora di accogliere nella giurisprudenza il principio che l’aborto causato da abuso è legittimo in ogni caso. Dall’episcopato — riferisce l’agenzia Aica — si esprime sorpresa per la decisione dell’organo supremo di giustizia che di fatto legalizza l’aborto frutto di violenza sia nel caso si tratti di donne sane che affette da disturbi mentali. Nella dichiarazione del presidente della Conferenza episcopale si sottolinea che «l’aborto è la soppressione di una vita innocente e non esiste alcun motivo o ragione che giustifichi l’eliminazione di una vita innocente, neppure nel caso triste e deplorevole di violenza». Dall’episcopato, inoltre, si richiama il messaggio pubblicato lo scorso agosto dalla commissione permanente in occasione dell’Anno della vita che si è celebrato nel 2011.
I vescovi ribadiscono che è assolutamente prioritario proteggere le madri, soprattutto quelle che si trovano in uno stato di emarginazione sociale o di gravi difficoltà al momento della gravidanza». La vita, è aggiunto nel messaggio, «è un meraviglioso dono di Dio e che rende possibili tutti gli altri beni umani». Secondo i presuli quando una donna è incinta non si parla di una sola vita, ma di due: quella della madre e quella del nascituro. «Entrambi — si puntualizza — devono essere tutelati e rispettati. La biologia lo indica in modo sorprendente: lo si vede attraverso il dna, con la sequenza del genoma umano, che mostra come dal momento del concepimento ci sia una nuova vita umana, che deve perciò essere protetta giuridicamente. Il diritto alla vita è il diritto umano fondamentale».
I vescovi si dicono anche disponibili «ad ascoltare, seguire e capire ogni situazione, assicurando che tutte le parti sociali interessate siano corresponsabili nella tutela della vita sia per il bambino sia per la madre e siano rispettati, senza cadere in scelte false. L’aborto non è mai una soluzione». E nel concludere, fra l’altro, auspicano: «Siamo convinti che non possiamo costruire una nazione per tutti, se nel nostro progetto di Paese non prevale il diritto primario di tutti, senza eccezione: il diritto alla vita dal concepimento, proteggendo la vita della madre incinta, fino alla morte naturale. Dobbiamo trovare il modo di vigilare sulla vita della madre e del bambino non ancora nato».
Il Presidente della Corte Suprema, Ricardo Lorenzetti, ha tenuto a sottolineare che la sentenza «non apre la strada» alla legalizzazione dell’aborto, su cui può pronunciarsi solo il Parlamento. Da parte sua, il ministro della Giustizia, Julio Alak, ha dichiarato che il Governo non ha nessuna intenzione di presentare una legge che legalizzi l’aborto, sottolineando che si tratta di «una questione che richiede un approfondito dibattito». Tuttavia, a seguito della decisione, è spiegato «i medici non avranno più bisogno dell’approvazione dei tribunali. Dovranno solo avere una dichiarazione delle vittima o del suo legale in cui si afferma che la gravidanza è l’esito di una violenza». Dalla Corte Suprema si puntualizza anche che la decisione «ha posto fine ad alcune incertezze in merito all’applicazione della legge» e che le vittime di abusi «non possono essere esentate dall’esercitare i loro diritti». La decisione della Corte è sostenuta da diverse organizzazioni e istituti. Secondo alcune stime in Argentina ogni anno vengono praticati circa 500.000 aborti. Numerose sono le donne che muoiono, soprattutto le più povere e le più giovani, che si sottopongono alla pratica in condizioni spesso di degrado. L’aborto clandestino è la prima causa di morte materna: dal 1983 a oggi sono morte oltre tremila donne.

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