mercoledì 15 febbraio 2012

Il segreto del modello Celentano spiegato con una strofa, di Giulia Pompili

Spigolature sanremesi



Francesco Baccini ci racconta perché vent'anni fa ha scritto una canzone chiedendo a Celentano di cantare, piuttosto che parlare


Sulla prima puntata di Sanremo e le polemiche sul monologo di Celentano abbiamo già letto e ascoltato di tutto. C’è un musicista, però, che su di lui disse molto in una canzone di vent’anni fa. Francesco Baccini, cantautore genovese classe 1960, partecipò a Sanremo, ma una volta sola, nel 1997. Da mesi porta in giro un tour su un’artista che ha un conto ancora aperto con il festival, Luigi Tenco [leggi qui le date].

“Tutto quello che penso su Adriano Celentano l’ho scritto in una canzone vent’anni fa”. Era il 1992 infatti quando Baccini pubblica il suo terzo album “Nomi e cognomi”. All’interno, la traccia “Adriano Celentano”: Stasera venti e trenta, programma eccezionale / In diretta nazionale / Un re ci parlerà / E' il re degli ignoranti / Terrà una conferenza / Insieme agli studenti / Su cosa non si sa / Adriano è meglio che canti / Adriano che parlare alla rai [ascolta la canzone qui]. “E’ stata una istant-song”, racconta Baccini al Foglio, “ho acceso la televisione e sulla Rai c’era Enzo Biagi che faceva da moderatore a un programma con ospite Celentano. Era il periodo di Tangentopoli, e Adriano doveva parlare a delle classi di studenti. Ma non aveva nulla da dire, e pure Biagi era imbarazzato!”.

E’ così, per Baccini, che il molleggiato
si vende da anni: “Ci marcia su ’sta storia che ha qualcosa da dirci, e noi ci caschiamo ogni volta. Ha iniziato con Fantastico nel 1987, con le lunghe pause. Il dramma siamo noi, che stiamo lì ad ascoltarlo”. Beh, Baccini, quattordici milioni di telespettatori non erano tutti lì ad ascoltare il predicatore, magari qualcuno voleva anche ascoltare le canzoni, no? “Le canzoni? Quali canzoni? Il festival è prima di tutto il cazzeggio che c’è intorno, poi il gossip, e poi c’è la musica, ridotta al terzo piano. Il problema è che Sanremo è come il Natale, torna ogni anno”, anche se lo odi. E poi Baccini non ce l’ha proprio con il festival, ma con le gare di canzoni: “La musica è una cosa seria, oggi in televisione invece ci sono solo competizioni”, spiega Baccini. “Uno è costretto ad andarci se vuole promuovere un disco, perché non ci sono altre trasmissioni che permettono di esibirsi. Ma mi spieghi come fanno a gareggiare una canzone rock con una melodica? E’ come se un atleta di lancio del giavellotto facesse una gara di velocità con un centometrista. Negli anni Cinquanta un format del genere andava bene, perché erano tutti interpreti, ma oggi dovrebbe essere diverso”.


Per Baccini il primo a rompere gli schemi, allora, fu Luigi Tenco: “E’ per questo che oggi facciamo un tour con le sue canzoni, per far conoscere il vero rivoluzionario della canzone italiana. Se fosse cambiato qualcosa, al festival, dopo quel 27 gennaio 1967… e invece l’unico ad andarsene fu Rambaldi, che poi istituì il Premio Tenco. Dicevo, se fosse cambiato qualcosa, oggi non avremmo Celentano”. E ci racconta di quando il 12 marzo del 2000, durante il concerto tributo a Fabrizio De Andrè, “Faber, amico fragile”, Celentano rischiò il linciaggio da parte delle trentamila persone presenti al teatro Carlo Felice di Genova: “La guerra di Piero all’inizio doveva cantarla Gino Paoli, ma poi insistette per averla lui. Durante l’esibizione si dimenticò le parole, cominciò a commentare, si interruppe molte volte, fece il suo show”. Baccini ricorda che il presentatore, Fabio Fazio, lo accompagnò fuori e Celentano fu scortato dalla polizia: “Dentro al teatro erano tutti incazzati. Io non ci potevo credere, ma il giorno dopo tutti avrebbero parlato di lui, e in effetti così fu. Le televisioni però non ripresero i fischi, e quindi la sua performance a freddo fu venduta come il solito atto da anticonformista”. In realtà, nel dvd del concerto, La guerra di Piero fu registrata in un secondo momento.

Però Sanremo è come con i Mondiali,
quando c’è tutti non parlano d’altro e non guardano altro. Ma Baccini se la prende anche con la parola “festival”, che “in nessuna parte del mondo vuol dire fare un pezzo di tre minuti e mezzo e andare a casa”. Tant’è vero che Louis Armstrong, ospite nel 1968, “quando finì la sua canzone, dovettero fermarlo, dirgli di smettere, perché lui era convinto di fare un concerto, mica solo una canzonetta”. Sì, a parte questo provincialismo, ma lei una volta a Sanremo ha partecipato… “Certo, più che altro per chiudere un contratto. Ma andai per divertirmi, con una canzone che prendeva per il culo Sanremo. Il testo erano tutti luoghi comuni delle canzoni sanremesi. E infatti non se la ricorda nessuno perché nessuno la capì”.

http://www.ilfoglio.it/soloqui/12305

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