lunedì 23 gennaio 2012

Perché è difficile imitare l'America sulle liberalizzazioni

Monti a confronto con gli americani: a New york i notai non esistono, le parafarmacie sono aperte 24 ore al giorno e la benzina costa 0.7 euro al litro

Il decreto sulle liberalizzazioni varato venerdì scorso dal governo Monti ha seminato scompiglio in tutt’Italia. I pareri sono discordanti: c’è chi è a favore e chi annuncia scioperi a oltranza. Secondo Susanna Camusso, segretario della Cgil : "Le intemperanze liberalizzatrici ci porteranno dei guai", mentre per Emma Marcegaglia, leader di Confindustria: "Le liberalizzazioni sono sacrosante perché non è più possibile che ci sia un pezzo di mondo che combatte ogni giorno, cioè le imprese coi loro lavoratori, e dall’altro un pezzo di mondo che scarica sull’altro eccesso di tariffe, costi e inefficenza. E' un tema fondamentale, ci saranno gli strilli: e lasciamoli strillare, l’importante è che il governo vada avanti con la barra dritta". Ecco cosa cambierà e come funziona il sistema a New York.

Benzinai. Nell’Italia di Monti non ci saranno contratti di esclusiva
tra benzinai e compagnie, i distributori potranno vendere anche prodotti non-oil, fuori dai centri abitati sarà possibile aprire self-service senza limiti. Sul primo punto è disposto che i gestori degli impianti di distribuzione che siano anche titolari della relativa autorizzazione petrolifera (sono solo 500 su 25 mila) potranno liberamente rifornirsi da qualsiasi produttore o rivenditore nel rispetto della vigente normativa nazionale ed europea (possibilità data però non per tutta la fornitura ma per la parte eccedente il 50 per cento della fornitura complessivamente pattuita e comunque per la parte eccedente il 50 per cento di quanto erogato nel precedente anno dal singolo punto vendita). Passando al secondo punto, è consentita l’attività di «somministrazione di alimenti e bevande», ma anche la vendita di quotidiani e periodici senza limiti di ampiezza della superficie dell’impianto (per la rivendita di tabacchi è richiesta una superficie minima di 1.500 metri quadrati). Quanto agli impianti posti fuori dai centri abitati e completamente automatizzati, saltano tutti i vincoli o le limitazioni al loro utilizzo continuativo temporale. Altra novità: la possibilità per i gestori degli impianti di distribuzione di aggregarsi, anche in deroga a eventuali clausole negoziali che lo vietino, per sviluppare la capacità di acquisto all’ingrosso dei carburanti, dei servizi di stoccaggio e del trasporto dei medesimi. Un articolo impone una maggiore trasparenza nelle informazioni ai consumatori sui prezzi (delle tre cifre che seguono la virgola nel prezzo, le prime due devono essere evidenziate). La Faib Confesercenti ha confermato lo sciopero dei benzinai nei prossimi giorni, concedendo solo uno “sconto” da una settimana, come era stato detto in un primo momento, a 72 ore. Il presidente Martino Landi: «Al momento non abbiano elementi che ci consentono di revocare lo sciopero. Ci riserviamo di valutare ciò che prevede il testo definitivo ma pensiamo che non sia migliorato rispetto alle nostre attese». I distributori all’americana significheranno prezzi all’americana (che gli americani, per inciso, abituati a tempi migliori e più bisognosi di carburante, considerano troppo alti)? Un Pippo su internet (il 9 gennaio): «Sono stato in Usa e per far il pieno a un Suv ho speso solo 30 dollari. In pratica ho pagato 3,5 dollari al gallone e 1 gallone sono poco meno di 4 litri. In pratica in Italia paghiamo 1,7 euro al litro e in USA pagano 0,7 euro al litro. Sti cazzi!!!!». Putroppo in Italia più della metà (59%) del prezzo è formato da tasse e balzelli, non c’è dunque da farsi illusioni. [1]

Farmacisti. Nell’Italia di Monti verranno assegnate in cinque mesi
5 mila nuove licenze per aprire farmacie (anche in aeroporti, aree di servizio e centri commerciali) anche al di fuori della regola di un punto vendita ogni 3 mila abitanti. Concorsi straordinari da bandire entro fine giugno, in caso le Regioni non siano in grado di portare a termine l’operazione verrà nominato un commissario di governo. Orari, turni e sconti (anche sui farmaci di fascia A, totalmente a carico del Servizio sanitario nazionale) diventano liberi, il medico di base dovrà aggiungere in ricetta le parole: «O farmaco equivalente, se di minor prezzo»: questa misura serve ad incentivare l’uso dei cosiddetti generici, medicinali con lo stesso principio attivo di quelli di marca ma più economici (secondo l’Aifa la differenza costa agli italiani 800 milioni di euro l’anno). Bloccata l’apertura alla concorrenza delle parafarmacie (possono vendere prodotti da banco non «etici» e senza obbligo di ricetta) nella vendita dei farmaci di fascia C (con ricetta, pagati interamente dai pazienti). Alberto Ambreck, storico farmacista milanese: «Volevano venderli fuori dalle farmacie. Ma si rende conto? Ci sono stupefacenti, viagra, psicofarmaci, farmaci abortivi... È stato un atto di presunzione. Fortuna che non è passato». Se non cambiano le cose, ha fatto sapere Federfarma, a febbraio scatterà la serrata. A dire il vero già così più che una liberalizzazione siamo di fronte a un mero aumento del numero di operatori. La Repubblica: «Di per sé non è sbagliato, ma rappresenta una risposta largamente insufficiente all’esigenza di introdurre concorrenza». Per ora resteranno delusi quelli che durante le vacanze a New York sono rimasti colpiti da catene come Walgreens e la controllata Duane Reader, con negozi aperti 24 ore su 24 (grande stupore dei turisti provenienti dalle grandi città statunitensi quando scoprono che a Roma non esiste niente del genere). Gianni Riotta: «Si sono allargate con supermercati, giornalai, cosmetici, librerie, prodotti per la casa, cucina espressa, andate per la pillola anticolesterolo e vi mettete nel carrello uova, burro e bacon». Fermo restando che la situazione varia molto da Stato a Stato, negli Stati Uniti comunque serve la ricetta per prodotti che in Italia sono considerati da banco e quanto alla questione tra prodotti generici e di marca, il problema è risolto dall’aggressiva pubblicità comparativa. [2]

Notai (avvocati ecc.). Nell’Italia di Monti ci saranno, entro il 2014
, 1.500 notai in più (oggi non arrivano a 6.000). Per adesso l’incremento di organico si limiterà a 500 unità, «che si aggiunge a incrementi fatti l’anno scorso attraverso la revisione della pianta organica». Paola Severino, ministro della Giustizia: «Ogni tre anni sarà rivisto il rapporto tra le persone presenti in un bacino demografico e i notai, in modo che il rapporto sia sempre bilanciato». Luciano Buonanno, notaio di Pesaro: «Che in pochi mesi loro pensino di trovare tutti quei notai è una follia. Questa è una professione che richiede impegno costante, aggiornamenti, professionalità. Non è che in quattro giorni si liberalizza tutto e si fabbricano 500, 1.000 o più notai. Non è che si può mettere sul mercato chiunque. E poi con quali prospettive? Nelle grandi città mediamente i redditi per gli studi avviati sono alti, è vero. Ma cominciamo col dire che noi le tasse le paghiamo tutte. Diciamo che servono anni e anni di professione e serietà per avere uno studio ben avviato». Le tariffe, minime e massime, sono del tutto abolite: la questione riguarda anche gli avvocati, i professionisti avranno l’obbligo di presentare al cliente un preventivo scritto con il compenso e l’indicazione della polizza assicurativa. Cambieranno anche le norme che regolano l’accesso alla professione: il tirocinio dovrà avere la durata massima di 18 mesi e – grazie ad una convenzione che sarà stipulata fra ministero dell’Istruzione e Ordini professionali – 6 di questi potranno essere svolti presso le Università. Una norma, questa, indigesta a tutti gli Ordini professionali (destinati a perdere potere sotto questo aspetto) e in particolare agli avvocati che già hanno dichiarato guerra al decreto approvando un pacchetto di sette giorni di sciopero per protestare contro le nuove regole, tariffe in primis. Bonanno: «C’è la corsa a chi chiede di meno e anche questa è cosa nota. Uno chiede mille, allora si va da un altro che offre 800, poi 700... così si svilisce la professione, si peggiora in qualità. Come si fa a non capirlo? Ci vuole buonsenso, sotto certi limiti non si può scendere, è una questione di dignità professionale, di responsabilità e di costi per la gestione del lavoro». Repubblica: «Poco rilevante l’abolizione delle tariffe. Positiva la semplificazione dell’accesso alle professioni, con il tirocinio all’università. Discutibile l’obbligo di preventivo». I tanti italiani che in questi anni hanno comprato casa negli Stati Uniti sanno che da quelle parti il notaio non esiste: per stipulare un atto di vendita non c’è bisogno di intermediari qualificati, il compito è affidato ad agenzie specializzate con costi che sono in media (variazioni da Stato a Stato) la metà che da noi (esistono poi i real estate litigator, avvocati specializzati in controversie sulla proprietà degli immobili, e vanno considerati numerosi costi assicurativi). [3]

Taxisti. Nell’Italia di Monti sarà l’Autorità dei trasporti
(in attesa che venga creata, ne farà le veci quella per energia elettrica e gas) a decidere – città per città e sentendo i sindaci - se aumentare le licenze dei taxi. La Repubblica: «Nel caso, sono previste compensazioni una tantum in favore dei tassisti già in attività con i ricavati dell’asta delle nuove licenze. Ci sarà maggiore flessibilità sugli orari di lavoro (arriva anche il part-time) e gli autisti potranno “caricare” i clienti anche in aeree diverse da quelle di propria pertinenza (previo accordo con i sindaci). Ci sarà poi maggiore libertà nella definizione delle tariffe ma con un tetto per quelle massime. Viene eliminata la concentrazione delle licenze in mano ad un singolo soggetto (inizialmente prevista) per evitare posizioni dominanti. La liberalizzazione viene di fatto rimandata. Positive alcune suggestioni come la possibilità di esercitare l’attività anche in altri comuni e la flessibilità tariffaria». Nicola Di Giacobbe, segretario di Unica-Cgil: «Se le norme dovessero essere confermate, la categoria non rimarrà certo con le mani in tasca ed è pronta a mobilitarsi». Chi ha passato le vacanze di Natale a New York, sa che da quelle parti i prezzi sono più bassi che da noi: 10,25 dollari per una corsa di 5 km contro gli 11,46 dollari di Roma e i 12.64 dollari di Milano (fonte una ricerca della banca svizzera Ubs sul costo della vita nelle principali città del mondo). Nella Grande Mela i taxi sono acquistati da società di investimento che li danno in affitto agli autisti, un sistema che i nostri taxisti rifiutano perché «porta all’autosfruttamento» (ore e ore al volante). [4]
NOTE: [1] Repubblica, il Sole 24 Ore, La Stampa, Corriere della Sera [2] Repubblica, Sole 24 Ore, Corriere della Sera, La Stampa  [3] Repubblica, Corriere della Sera [4] Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera

http://www.ilfoglio.it/soloqui/12011 

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