martedì 25 settembre 2012

Perché Draghi ha offerto l’aiuto, ma ora l’Europa rischia d’incartarsi di nuovo


Politica d’ultima istanza

Da Atene all’Unione bancaria, troppi cantieri aperti. Van Rompuy: “Non perdiamo il senso dell’urgenza”

Bruxelles. Il presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy, ieri ha ammesso che sulla crisi della zona euro c’è “una tendenza a perdere il senso d’urgenza”. Dopo che il nuovo programma di acquisti di bond della Banca centrale europea è riuscito a calmare i timori di una disintegrazione imminente dell’Unione monetaria, i mercati stanno tornando a interrogarsi sui troppi cantieri ancora aperti, bloccati dalle dispute tra i membri dell’euro. Il senso d’urgenza sta svanendo “sia nelle politiche di breve periodo, che in quelle di lungo periodo”, ha spiegato Van Rompuy: “Questo non deve accadere”. Invece, dalla Grecia ai grandi progetti per rafforzare l’integrazione politica della zona euro, dalla richiesta di aiuto della Spagna all’Unione bancaria, la percezione dei mercati è di un ritorno allo stallo. Non sono solo gli investitori a risentirne: contrariamente alle aspettative, l’indice Ifo in Germania, che misura la fiducia delle imprese e dunque i sentimenti dell’economia reale, in settembre è sceso da 102,3 a 101,4 punti, contro una previsione di 102,7. Così, le principali Borse ieri hanno chiuso in rosso, mentre lo spread tra titoli decennali italiani e tedeschi ha chiuso a 349 punti, più in alto dei livelli registrati a inizio mese dopo le decisioni di Mario Draghi.
La Spagna questa settimana è ancora al centro di tutte le attenzioni. Venerdì Madrid pubblicherà i risultati degli stress test sulle banche, che determineranno l’ammontare degli aiuti europei necessari a ricapitalizzare il settore finanziario. Il governo spagnolo deve anche presentare un Piano nazionale di riforme, che sta redigendo in fretta per evitare di subire le “strette condizioni” previste per i salvataggi. Il premier, Mariano Rajoy, continua a esitare, e il commissario europeo, Joaquín Almunia, ritiene l’esitazione “molto rischiosa”. Ma una richiesta di aiuti non dipende solo da una decisione sovrana. Francia, Italia e Irlanda starebbero facendo pressioni per accelerare un bailout che blocchi il rischio contagio. La Germania, invece, frena: il Bundestag potrebbe bocciare una richiesta di aiuto per abbassare rendimenti sui Bonos, i titoli di stato spagnoli, considerati sostenibili. Come sulla Grecia. Nel fine settimana, mentre lo Spiegel rivelava che il buco nei conti potrebbe arrivare a 20 miliardi di euro, il primo ministro francese, Jean-Marc Ayrault, chiedeva di “offrire più tempo” ad Atene, ma Berlino vuole “aspettare il rapporto della Troika” che non arriverà prima di ottobre.
Angela Merkel e François Hollande hanno dato dimostrazione pubblica della loro discordia sabato a Ludwigsburg, dov’erano riuniti per celebrare i cinquant’anni del discorso del generale De Gaulle alla gioventù tedesca. Sul trasferimento della supervisione delle seimila banche della zona euro alla Bce “prima sarà meglio è”, ha detto il presidente francese. Per la cancelliera tedesca, “l’importante è la qualità. Non serve a nulla fare in fretta qualche cosa che non funziona”.

Il sodalizio Merkel-Draghi unica certezza
Le reticenze tedesche sono doppie: da un lato, occorre rassicurare i politici locali sul fatto che la Bce non sarà troppo indiscreta nelle pratiche delle banche regionali e delle casse di risparmio; dall’altro, un’accelerazione sulla mutualizzazione dei rischi bancari in un anno elettorale potrebbe risultare indigesta al Bundestag e all’opinione pubblica. Come sul Meccanismo europeo di stabilità (Esm). Ieri la Commissione Ue ha ammesso che “sono in corso discussioni sulla possibilità di utilizzare due strumenti finanziari” – i Partial protection certificates e il Co-investment fund – per fare leva sui mercati e permettere al Fondo salva stati di arrivare a una potenza di fuoco di 2 mila miliardi di euro. Ma la Finlandia ha già annunciato un “no”, mentre il ministero delle Finanze tedesco ha definito l’ipotesi “totalmente illusoria”.
Il tradizionale rigorismo tedesco sulla sostenibilità delle proprie finanze pubblichenon basta a spiegare la prudenza della Germania. Il cantiere a cui Merkel tiene di più è quello sull’integrazione della zona euro, che dovrebbe portare a un’unione bancaria, di bilancio, economica e politica, ma su cui pesa l’opposizione di una Francia contraria a cedere la propria sovranità fiscale. Merkel discuterà oggi con Draghi anche di questo, oltre che di Spagna e Grecia: le riforme di lungo periodo sono la seconda parte del “grand bargain” che la cancelliera e il presidente della Bce hanno concordato in estate. Van Rompuy sta interrogando le capitali, prima di pubblicare il suo secondo rapporto per il Consiglio europeo del 18 ottobre. Fino a quando non ci saranno progressi sostanziali, difficilmente Merkel farà altri gesti di generosità.

Nessun commento: