lunedì 15 ottobre 2012

La democrazia è un regime corrotto


Ma quale società civile, bisogna salvare la forma politica dal suo contenuto

Che si aspettavano dalla democrazia? I finti neo platonici dei giorni nostri, i devoti alla Repubblica delle solite idealità, insomma tutti coloro che riversano un’ansia moralizzatrice sul paesaggio sbrindellato delle istituzioni politiche italiane, farebbero bene ad abbassare le pretese e a contenere l’investimento emotivo. La democrazia è fin dalle origini costitutivamente iniqua, se è vero come diceva Aristotele che la peggiore ingiustizia sta nel volere l’eguaglianza dei diseguali. Prima ancora di Aristotele, il suo maestro Platone aveva messo in guardia contro la tirannia dei più, contro il rischio che il comando del popolo aprisse la via alla dittatura della moltitudine (oclocrazia), prologo in cielo della volonté générale giacobina e del conduttore unico delle coscienze. La democrazia è anche fisiologicamente permeabile dalla corruzione, dal voto di scambio, dal traffico d’influenza, dagli istinti plebei dei candidati e dalla scaltrezza servile e interessata degli elettori. Quando Winston Churchill ha pronunciato uno dei più consolatori aforismi al riguardo, “la democrazia è la peggior forma di governo possibile, eccezion fatta per tutte le altre”, evidentemente sapeva con quale materiale umano avrebbe dovuto confrontarsi la civiltà di massa. E così “democrazia” è divenuto il secondo nome della mediocrazia, del livellamento e del ripiego nel meno peggio: si mortificano le spighe più alte nella speranza di far crescere robuste e sane le innumerevoli spighe più basse.
Certo, c’è democrazia e democrazia. Nella sua forma parlamentare – così amata dal mal copiato Norberto Bobbio – la democrazia assume un profilo meno belligeno, sia dentro di sé sia al di fuori. La democrazia diretta è invece la culla del bonapartismo. La democrazia perfetta – non occorre leggere Voltaire o Canfora, per comprenderlo – esiste soltanto nei condominii bene amministrati. Altrove è un veleno da millesimare. Naturalmente Churchill aveva anche torto: le società ad alto tasso di aristocrazia (quella vera) hanno spesso visto emergere una classe media ben scremata, perché coltivata secondo l’istinto mimetico in base al quale l’inferiore imita il superiore che gli dà l’esempio. La meccanica poteva dirsi virtuosa fin nei recessi ultimi del popolino all’inseguimento della classe media. Finita l’aristocrazia, finita la festa delle virtù, aperta la danza delle ghigliottine. E oggi? Oggi è perfettamente inutile dirsi basiti per i Fiorito d’ogni latitudine, ordine e grado. Così come è inutile fare della pedagogia astratta – tendenza Ezio Mauro – sui malanni di una democrazia da guarire a forza d’iniezioni di società civile. E’ vero semmai il contrario: la democrazia, di questi tempi, è troppo importante per essere abbandonata nelle mani dei soli democratici.

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