Le stime di crescita al ribasso, le lentezze e i tatticismi dell’Ue a Washington, il protagonismo di Draghi: l’agenda di Lagarde a Tokyo

Lo sanno bene a Washington dove, nel quartier generale vicino Pennsylvania Avenue, gli economisti del Fmi hanno stimato cosa accadrebbe in assenza di un accordo tra Casa Bianca e Congresso per evitare il cosiddetto “Fiscal cliff”. In mancanza di un’intesa, scatterebbero, in via automatica già all’inizio del 2013, tagli alla spesa e incrementi delle imposte che abbatterebbero il deficit pubblico americano di 4 punti di pil, con un impatto negativo sulla crescita di circa 2 punti, erodendo quella ripresa economica che, a fatica, sembra ora riprendere vigore. La recessione in cui precipiterebbe l’economia americana avrebbe visibili ripercussioni sui suoi partner commerciali, economie emergenti incluse. Il messaggio che la Lagarde affiderà alle riunioni di Tokyo sarà, pertanto, politicamente articolato e complesso, pur non producendo alcuna decisione sensazionale.
Sullo sfondo rimane un’importante scadenza mancata, dimostrazione del calo di tensione nel frattempo intervenuto nel G20. Il pacchetto di riforme della governance del Fmi, che prevede un riallineamento del potere di voto a favore delle economie dinamiche e sottorappresentate e una ricomposizione del Consiglio direttivo in cui l’Europa occidentale cede 2 seggi, non sarà approvato entro questa riunione, come invece concordato al G20 di Seul nel novembre 2010. L’Amministrazione Obama che inizialmente aveva creato le premesse politiche per l’importante accordo internazionale non ne ha ancora richiesto la ratifica al Congresso. Tuttavia, in attesa di tale ratifica, alcuni paesi europei potrebbero annunciare già nei prossimi giorni una ricomposizione unilaterale dei propri seggi nel Consiglio direttivo: il Belgio rinuncerà al suo storico seggio fondendosi con quello olandese, mentre l’Austria e la Turchia, sinora nel raggruppamento belga, ne creeranno uno proprio di cui la Turchia assumerà la titolarità nel 2014. Tali cambiamenti potrebbero preludere a un consolidamento più radicale delle varie rappresentanze europee. Per l’Italia, che da vari decenni guida uno dei seggi multi-paese, si pone la questione strategica se essere proattiva rispetto a tali dinamiche per proteggere il suo attuale status. Qualsiasi sia la strategia, ammesso che ve ne sia una, l’importante è non perdere pezzi per strada.
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