martedì 21 giugno 2011

Atene al Fondo, di Michele Arnese

Parla Sadun (Fmi)

Atene al Fondo

Perché il Fmi non si fida troppo di Papandreou. “Ma l’Italia tenga sui conti”

I vertici del Fondo monetario internazionaleguardano con apprensione alle difficoltà del governo greco, per questo chiedono precise garanzie prima di erogare le altre tranche del prestito ad Atene. A spiegare la posizione del Fmi, in una conversazione con il Foglio, è Arrigo Sadun, direttore esecutivo che rappresenta al Fondo proprio la Grecia, il Portogallo e altri paesi mediterranei oltre all’Italia: “A questo punto la gestione della crisi greca comporta due fasi – dice Sadun – La prima, immediata, riguarda l’erogazione della prossima tranche del piano concordato con la troika (Fmi, Ue e Bce), perché altrimenti il governo greco non avrà liquidità sufficiente oltre luglio. In un secondo tempo, si può ipotizzare di lanciare un nuovo piano di salvataggio con tempistiche e modalità da definire”.

Per Sadun due condizioni sono necessarie per permettere al Fondo di intervenire: “Prima condizione: che il governo greco approvi il nuovo piano di austerità. Seconda condizione: che gli europei garantiscano la copertura finanziaria per almeno 12 mesi. Tale copertura può avvenire con sole risorse pubbliche, oppure con l’intervento dei privati. Quest’ultima questione è un problema europeo, che non condiziona l’intervento del Fondo”. Sadun riconosce che la partecipazione dei privati, ovvero delle banche, alla ristrutturazione del debito ellenico comporta non poche difficoltà: “Per motivi di equità e sotto la pressione dell’opinione pubblica alcuni europei vorrebbero un sostanzioso intervento-sacrificio dei privati. La Bce teme che ciò possa innescare un ‘credit event’ che la costringa a puntellare con interventi massicci il sistema bancario europeo. Inoltre, ogni tipo di ‘haircut’, ossia di taglio del valore nominale dei titoli pubblici greci, rischia di provocare una perdita di valore dei titoli che la Banca ha accettato come collaterale”.
Il direttore esecutivo del Fmi mette poi in rilievo che le attuali difficoltà del piano riflettono numerose carenze: “La crisi si è rivelata ben più grave di quanto non ammesso dallo stesso governo Papandreou”.

“Per esempio – continua Sadun – i deficit fiscali sono stati ripetutamente rivisti al ribasso. Ma il problema fondamentale è la deludente esecuzione degli impegni presi con la troika. Il piano di salvataggio era basato sulla premessa di un deciso sostegno del governo e dell’opinione pubblica. Invece sono affiorate divergenze all’interno del gabinetto, mentre la resistenza dell’opinione pubblica, o quanto meno di una parte, si è accentuata. Non si tratta soltanto di imporre misure di austerità, bensì di effettuare una profonda ristrutturazione dell’economia greca, rompendo con molte tradizioni del passato (un esteso sistema di patronage politico, ingerenza del settore pubblico nell’economia, inefficienza della Pa, etc.)”. Il vero problema della Grecia, ricorda Sadun dati alla mano, “è che dall’adozione dell’euro l’economia ha perso oltre il 30 per cento di competitività; quindi non si tratta soltanto di riassorbire gli squilibri finanziari provocati dall’eccessivo indebitamento”.

Professore, passiamo all’Italia. L’annuncio di Moody’s venerdì scorso, che segue quello analogo di S&P’s, di un possibile declassamento dell’Italia, era scontato oppure deve far riflettere governo e opposizioni? “L’aggravarsi della crisi greca – risponde Sadun – può aver influito sulle considerazioni delle agenzie di rating. Ma le motivazioni addotte a sostegno dell’avvertimento – per il momento si tratta solo di un avvertimento, anche se da prendere con la massima serietà e urgenza – fanno riferimento anche ai pericoli di un’eventuale deriva fiscale nel medio periodo. Mentre i conti pubblici appaiono in ordine per i prossimi due anni, il governo deve specificare le misure da adottare per assicurare il percorso di riduzione del deficit per il 2013-14. I recenti insuccessi elettorali della maggioranza rischiano di distrarre il governo da questo compito. Inoltre resta il problema della bassa crescita, che richiede interventi urgenti ed efficaci”.

http://www.ilfoglio.it/soloqui/9363

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