mercoledì 8 giugno 2011

Crescere tagliando

L’Europa si lascia convicere dal rigore di Tremonti, ma fa sapere che ci misurerà sullo sviluppo.

Se qualcuno coltiva ancora timide illusioni di una scossa alla crescita a scapito del rigore sui conti pubblici, è bene riporre le speranze. Ieri la Commissione di Bruxelles ha emesso il primo verdetto sul piano di stabilità dell’Italia 2011-2014 e sul piano di riforme al 2020 previsti dalla nuova governance europea, e firmati il 6 maggio non solo dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ma anche dal premier Silvio Berlusconi. E’ una promozione condizionata e sotto sorveglianza. E’ considerato “credibile” il percorso di consolidamento dei conti pubblici da qui al 2014 – riduzione del deficit e messa in sicurezza del debito – ma al momento solo “fino al 2012”. Per il biennio successivo non esistono ancora misure certe, attese peraltro “a ottobre 2011”.

Anche se nel Def (Documento di economia e finanza) inviato a Bruxelles si indica una manovra di correzione pari al 2,3 per cento del pil per il biennio 2013-2014. Anche la discesa del deficit fissata dal governo al 3,9 per cento del pil quest’anno e al 2,7 il prossimo per poi planare al “sostanziale pareggio di bilancio” (0,2 per cento) nel 2014 è presa con un minimo di beneficio d’inventario. Nei draft ufficiosi infatti figurano due stime, quelle della Commissione e quelle italiane. Gli scostamenti sono minimi nel 2011, maggiori il prossimo anno (3,2 per cento), e derivabili da “imprevisti come l’allentamento della politica di bilancio o un minor gettito fiscale”, compreso quello del contrasto all’evasione. Ma sostanzialmente Bruxelles dà per ora credito all’Italia. Aggiungendo una sfilza di raccomandazioni non solo rigoriste: accentuare la politica salariale di produttività “per colmare il gap tra lavoro protetto, esposto al mercato e precario”; facilitare l’ingresso delle donne; liberalizzare i servizi e le professioni (si citano le tariffe degli avvocati e i servizi pubblici e si menzionano esplicitamente le indicazioni dell’Antitrust italiana per ulteriori liberalizzazioni); migliorare le politiche di innovazione e ricerca per le quali l’Italia continua a destinare una quota del prodotto interno lordo (1,27 per cento) di un terzo inferiore alla media europea.

Infine spendere i fondi di coesione Ue, visto che ne siamo i terzi beneficiari con l’otto per cento nel 2007-2013, e di questa quota ne è stato impegnato solo il 16,8 per cento. Non solo. Il documento fa propria l’idea di Tremonti di introdurre nella Costituzione tetti alla spesa pubblica, ed elogia i poteri rafforzati annunciati per la Ragioneria dello stato.
In altri termini, il tremontismo flemmatico al centro del dibattito politico sembra introiettato in pieno dalle autorità europee. Anche se al ministero dell’Economia aggiungono che, visto che sarà in base alla buona condotta nel prossimo triennio che si deciderà se far scattare i tagli automatici al debito, il rigore di oggi potrà tradursi nel sollievo per il futuro. Quanto alle tasse, Bruxelles prende nota in due righe e mezzo delle riforme in discussione: “Il programma annuncia una riforma del sistema fiscale per spostare progressivamente la tassazione dal lavoro ai consumi, il che potrebbe contribuire ad aumentare l’occupazione”.

Ce n’è abbastanza per ritenere che al summit di Arcore del 6 giugno il ministro si sia presentato munito di queste carte, giunte nelle ore precedenti in via XX Settembre. Del resto l’idea di una riforma fiscale a gettito invariato non è condivisa solo dalla Ue, ma pare oramai aver fatto breccia nella Confindustria e nel resto del mondo produttivo, nonostante gli iniziali auspici teorici di un taglio alla pressione fiscale complessiva. “Sulla riforma si concentrano aspettative irrealistiche”, ha detto ieri il presidente della Confcooperative Luigi Marino. “Ci attendiamo semplificazione e che si punti meno sui redditi e più sui consumi e le cose”.

Sia la Confindustria presieduta da Emma Marcegaglia sia Assonime capitanata da Luigi Abete hanno condiviso il percorso tremontiano sulla riforma tributaria e Assonime sta terminando un paper, curato dall’economista Stefano Micossi, direttore generale dell’associazione che riunisce le grandi imprese, con consigli puntuali sui tagli alla spesa pubblica in vista della manovra triennale in gestazione.

http://www.ilfoglio.it/soloqui/9212

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