DRAGHI: MENO SPESE SENZA NUOVE IMPOSTE
Mario Draghi più che da Governatore uscente ieri ha dato la sensazione di aver iniziato a parlare da presidente della Banca centrale europea. L'analisi dei mali che affliggono la società italiana è stata impietosa e la denuncia della miopia della politica è risuonata altrettanto netta. Fino a far affiorare la delusione per essere rimasto inascoltato pur avendo indicato a più riprese da Palazzo Koch obiettivi, linee di azione e aree di intervento.
Scelta la franchezza come leit motiv Draghi non ha risparmiato il ministro Giulio Tremonti, con il quale del resto in questi anni ha duellato (intellettualmente) svariate volte. Almeno tre i rilievi: l'analisi della crisi mondiale, i tagli lineari alla spesa e l'indipendenza delle authority. Non stiamo assistendo a un replay del '29, ha scandito, perché allora i danni causati all'economia reale dalla recessione furono assai più vasti, la produzione industriale crollò del 40% e la disoccupazione toccò quota 20%. Niente di paragonabile è successo dal 2008 ad oggi e quindi ogni allarmismo è fuori luogo. Piuttosto il governo avrebbe dovuto continuare l'opera di Tommaso Padoa-Schioppa e portare a compimento la spending review, la radiografia completa della spesa pubblica voce per voce. Avendola snobbata, se il governo dovesse procedere alla cieca, con tagli uniformi, anche nella manovra correttiva prevista per il 2013-2014, sottrarrebbe alla ripresa circa due punti di Pil in tre anni. Invece una politica di tagli intelligenti, unita a recuperi di evasione, potrebbe essere compatibile con la scelta di ridurre le aliquote sui redditi di lavoratori e imprese. Morale: oggi dopo le amministrative il governo invoca la riforma fiscale ma dovrebbe prendersela con se stesso se non sarà nelle condizioni di deliberarla. Tertium, l'indipendenza. Draghi ha ribadito la fiducia nella tradizione di Via Nazionale, «fucina di quadri al servizio della nazione e dell'Europa». Capace di pescare al suo interno il prossimo Governatore.
L'Italia che Draghi ha chiesto anche ieri deve tornare a crescere e la politica dovrebbe capire che «le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l'autorità, la rafforzano» (Cavour). La lista del Governatore è fatta di otto proposte e si apre con l'efficienza della giustizia civile, il sistema dell'istruzione, la concorrenza, il mercato del lavoro e gli investimenti nelle infrastrutture. Si tratta di riforme alcune delle quali, da sole, valgono un punto di Pil e che vanno realizzate pensando «a quale Paese lasceremo ai nostri figli».
Severo con i politici, il Governatore non ha fatto sconti agli imprenditori. Le aziende italiane sono troppo piccole e restano fuori dai veri giochi dei mercati internazionali e dell'innovazione. Rinunciano a crescere per la cultura familistica dei proprietari, contrari all'ingresso di esterni. Preso l'abbrivio il Governatore non ha risparmiato la società Autostrade, che pure ha contribuito a privatizzare. I costi medi per chilometro e i tempi di realizzazione (vale anche per la Tav) sono largamente superiori a quelli francesi e spagnoli. E non è tollerabile.
Se le considerazioni finali di ieri segnalano l'anticipato inizio del periodo francofortese di Mario Draghi, un'altra novità va segnalata in materia di crescita e lavoro femminile. È stata forse la prima relazione «rosa» di un Governatore, che ha voluto ricordare come «il tempo di cura della casa e della famiglia a carico delle donne resta in Italia molto maggiore che negli altri Paesi». Un altro ritardo che paghiamo.
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