L'adozione di un'aliquota unica al 13 per cento incrementò il gettito di oltre il 25% in un anno. Il passato dimostra che si può osare
Da Kennedy a Reagan l’aliquota fiscale marginale negli Stati Uniti scese dal 91% al 28%, eppure il contributo dei «ricchi» alla raccolta fiscale americana si moltiplicò. Sempre Reagan (che non le faceva tutte giuste) decise di alzare le tasse sui guadagni da capitale dal 14% al 28%. Ebbene, il gettito si ridusse stabilmente a un terzo. Le tasse sono una cosa delicata e una riforma, per essere tale, dev’essere radicale. Se la riforma fiscale che ha in mente il governo è rappresentata dalle anticipazioni che vengono discusse in questi giorni tanto vale essere sinceri e dire che per la «prudenza» tanto cara a Tremonti (e che in effetti in passato ci ha servito bene) non si tocca nulla.
Una riforma vera, come quelle realizzate in passato da altri Stati, deve rappresentare un voltare pagina, una rivoluzione, una discontinuità seria. Tagliare di uno o due punti un’aliquota (specialmente quella minore, che ospita felicemente tutti gli evasori) per alzare l’Iva o peggio alzare la tassazione sui titoli, rimarrà solo nella storia delle perdite di tempo e non porterà né benefici né un solo voto in più nelle urne della maggioranza. Per avere speranze di successo occorre mettere in gioco decine di punti percentuali e di nuovi modi di intendere il rapporto con lo Stato. In Italia peraltro la diagnosi e la cura sembrerebbero di disarmante semplicità: da noi le tasse sono altissime e le pagano pochissimi, basterebbe che le tasse fossero basse e pagate da tutti per risolvere il problema.
Quello che non si capisce è che l’abbassamento drastico delle aliquote e l’allargamento della base imponibile deve avvenire in contemporanea, altrimenti sperare che prima tutti paghino tasse da record per poi abbassarle è utopia pura. Il controllo inflessibile e magari la gogna in piazza andrebbero benissimo solo a seguito di un nuovo patto fiscale con i cittadini, dove lo Stato ridimensiona le sue pretese e quindi non perdona più chi sgarra. Per saltare però ci vuole coraggio. In Paesi affetti da altissimi livelli di evasione fiscale finora la ricetta che ha funzionato è stata solo quella della flat tax . In Russia nel 2001 la situazione era drammatica: altissima evasione e congiuntura economica recessiva peggiorata dall’attentato dell’11 settembre. Noi scegliemmo la strada della prudenza e non toccammo nulla, abbandonando l’idea vincente delle due aliquote proposte da Berlusconi nel famoso «contratto con gli italiani», Putin invece decise di fare il salto e fissò un’incredibile aliquota unica al 13%.
Il risultato fu un boom economico e uno stupefacente incremento del gettito fiscale di oltre il 25%già nell’anno immediatamente successivo alla riforma. Neanche da dire che in casa nostra invece i minitaglietti operati da Siniscalco (messo al posto di un anche allora irremovibile Tremonti), vennero solo minimamente percepiti dai cittadini, non salvando il centrodestra dalle urne ma aprendo tuttavia, pur nella loro inconsistenza, la strada a un aumento del gettito che venne poi raccolto e sperperato nei famosi «tesoretti» dal governo Prodi. L’esperienza positiva della flat tax russa invece venne poi seguita da quasi tutti i Paesi dell’Europa dell’Est e finora i successi sono stati notevolmente superiori agli inconvenienti indipendentemente dalle condizioni congiunturali. Anche l’Ungheria a gennaio di quest’anno ha deciso di«fare il salto » e ha fissato un’aliquota unica al 16%. Vedremo se avranno avuto più ragione loro con il coraggio o noi con la prudenza, anche se le prime indicazioni sull’accelerazione della crescita ungherese nel primo semestre sembrano lasciare pochi dubbi su come andrà a finire.
Nell’attesa che da noi qualcuno si svegli alla mattina e decida di abbandonare il bilancino da farmacista per prendere lo spadone di Reagan contro le tasse unito a quello della Thatcher contro gli inutili sussidi a sindacati e settori industriali decotti, ci permettiamo di ricordare che c’è stato un Paese europeo che ha discusso a lungo negli anni passati se mantenere le aliquote elevate e progressive o tentare di tagliarle pesantemente introducendone solo due. Per prudenza poi si decise di non toccare nulla e di mantenere le aliquote invariate. Quel paese si chiama Grecia.
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