Gli studi di Confindustria e Bankitalia che ispirano il premier, le bozze del Tesoro e le aperture del Cav.

Grande è dunque la confusione sotto il cielo dell’Ici, anche se ieri lo stesso Silvio Berlusconi non ha osteggiato la reintroduzione: “Sulla patrimoniale il discorso è chiuso, sull’Ici... Quello che era previsto nella legge sul federalismo”. La Confedilizia, però, contesta l’assunto di base di Monti. In un’audizione in Senato l’8 novembre, il presidente Corrado Sforza Fogliani ha depositato una ricerca del proprio centro studi dal quale risulta che “l’Italia è fra i paesi con il più alto rapporto fra prelievo fiscale sugli immobili e pil”. Confedilizia cita i dati Ocse dai quali emerge che nel 2009 le tasse sugli immobili sono state dell’1,8 per cento del pil nella media Ocse, dell’1,6 in Europa e dello 0,8 in Germania.
Al contrario, prima Luca Paolazzi, capo economista di Confindustria, e poi la Banca d’Italia governata da Ignazio Visco hanno sostenuto l’esigenza di aumentare la pressione sulle case nell’ambito di una riforma che sposti il peso fiscale dal lavoro e dalle imprese alla proprietà e ai consumi, proprio come detto due giorni fa dal premier Monti e come asserito da anni da Tremonti. Nell’audizione in Parlamento il 13 ottobre di Daniele Franco, responsabile della ricerca economica di Bankitalia, e di Vieri Ceriani, ex Finanze ora a Palazzo Koch e nominato da Tremonti alla testa di uno dei quattro gruppi di lavoro per riformare il sistema tributario, il gettito attuale senza la prima casa viene indicato in 9 miliardi. Franco e Ceriani hanno auspicato: “Sarebbe necessaria una riflessione sull’opportunità di reintrodurre l’abitazione principale fra gli immobili soggetti a imposta. Le imposte sulla proprietà immobiliare costituiscono il perno della fiscalità locale nella maggior parte dei paesi, poiché esiste un evidente collegamento fra la base imponibile (il valore dell’abitazione) e l’attività svolta dall’ente che riscuote il gettito”. Secondo l’Istituto centrale, “la possibilità per il contribuente di commisurare l’onere fiscale al beneficio ricevuto in termini di servizi pubblici locali rappresenta un incentivo a scelte di bilancio responsabili da parte degli enti”. Sotto questo profilo “l’esenzione dall’Ici delle abitazioni principali costituisce, nel confronto internazionale, un’anomalia del nostro ordinamento ed espone al rischio di trasferire una parte dell’onere dell’imposta su esercizi commerciali, studi professionali e proprietari di seconde case”.
Parole simili, per non dire identiche, a quelle di Mario Monti. Ma attenzione. Circolano ipotesi anche più estreme: secondo la Ragioneria dello stato il riallineamento pieno delle rendite catastali ai valori di mercato – cioè una rivalutazione monstre del 150 per cento – renderebbe 11 miliardi solo nel settore abitativo. A cui si aggiungerebbe il prelievo su capannoni, magazzini e negozi.
Il gettito dell’Ici andrebbe ovviamente a beneficio dei comuni, ma non è escluso che per esigenze di finanza pubblica si possa studiare che una parte delle entrate possa essere stornata al centro.
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