La ministra di ferro Cancellieri incontra i giornalisti e divaga con loro

Uno dei suoi due figli neanche ci credeva (“a ma’, ma che stai a ddi’?”), e però Anna Maria Cancellieri, prefetto in pensione con gran carriera alle spalle, ex commissario a Bologna e da poco commissario Parma, era già sul treno, destinazione Viminale. “Mio marito è un santo, sono fortunata”, dice parlando della “praticità” delle donne (che le farà “da guida” al Viminale). Le donne “lavorano, mettono insieme mattina e sera e curano anziani e bambini”, dice pensando a “quelle che invece non hanno nessun aiuto e devono lasciare la carriera”. Smentisce il no secco alle quote rose (“magari possono servire”), ma le boccia implicitamente: “Se uno è bravo non importa se sia maschio o femmina”. Poi si aggiusta la spilla “pesantissima” a forma di cavallo alato (è “un regalo di un’ex segretaria, lo trovo stupendo, no? Però non si può mettere con le giacche leggere sennò crollano i revers”), annuncia la prima uscita ufficiale a Palermo, venerdì, e dichiara “grande attenzione” preventiva alla lotta alla mafia.
Su immigrazione, rom, black bloc, sicurezza e sindacati di polizia in subbuglio per i tagli, il ministro procede per brevi cenni. “Devo ancora studiare le carte”, dice, “non è serio” parlare senza capire i perché e i percome. “Magari emotivamente agisco in un modo e poi scopro che avevano ragione gli altri. Meglio ascoltare con mente aperta tutti quelli che possono dare informazioni utili”, dice annunciando incontri con ex ministri, autorità locali e cittadini, “per poi fare una mia sintesi”. “Fateci lavorare”, scherza. Subito dopo non scherza più: “Devo capire bene come stanno le cose, poi agirò e ve lo comunicherò”. “Speriamo che non sia un’arma a doppio taglio, questo annunciare dopo aver fatto”, commenta un cronista. Ma il ministro dice: “Non ho alle spalle un partito, non devo illustrare un programma. Vorrei fare più che dire. Amministrare”. Qualcuno comincia ad addentare tartine, ed è puro divagare – si scopre che un cronista proviene dallo stesso paese siciliano del marito del ministro (“maddai”, dice Cancellieri, come fosse davvero in salotto). L’aveva detto, all’inizio: “Volevo un incontro informale tra colleghi, ho ventitrè anni di ufficio stampa alle spalle”.
Voleva pure una macchina italiana, come Mario Monti, ma le hanno detto “che l’unica automobile italiana a disposizione ha fatto almeno 150 mila chilometri e rischia di fermarsi”. Il ministro, racconta lei stessa, ha fama di dormigliona che a volte si abbiocca in luogo pubblico, ma “durante il dibattito per la fiducia sono rimasta sveglia”, dice. Qualcuno vorrebbe indurla a promettere una riorganizzazione degli enti locali (“materia del Parlamento”, è la risposta). Da prefetto, difende il ruolo: “Parlo per esperienza personale: nei piccoli centri il prefetto è il primo sportello dello Stato vicino ai cittadini”. Con il predecessore Roberto Maroni “i rapporti sono ottimi”, dice. All’ultima divagazione (“viva Totti” – Cancellieri è della Roma anche se “non capisce niente di calcio”), una giornalista si butta nell’elegia (“vorrei una mamma come lei”). Ed è subito effetto “tutti pazzi per il Viminale”. (Senonché il ministro è già lontano, veicolato in un’altra sala dai funzionari).
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