venerdì 18 novembre 2011

Riformismo vero senza strappi, di Guido Gentili


Chi si aspettava fuochi d'artificio e parole roboanti è rimasto deluso, ma questo non significa che il riformismo prospettato in Parlamento dal nuovo presidente del Consiglio Mario Monti per far fronte alla gravissima emergenza che assedia l'Italia sia la lezione accademica di un brillante professore (e neo senatore a vita) a digiuno di politica. È vero piuttosto il contrario.
A sostegno del "governo di impegno nazionale e di riconcilazione" prospettato da Monti ci sono un'analisi spietata (non sarei qui, con voi politici, se l'Italia non fosse in queste condizioni) e un'indicazione di rotta, politica ed economica, essenziale ma ben visibile a tutti.
Il metodo, prima di tutto. La conferenza telefonica a tre voci con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy indica che Monti vuole riportare subito l'Italia, Paese fondatore al quale è legato lo stesso destino dell'euro, ad avere voce in capitolo in Europa e al tavolo di un direttorio che ha tutelato fin troppo bene gli interessi di Germania e Francia a scapito dei Paesi in difficoltà. Alzare il nostro tasso di credibilità internazionale significa in prima battuta abbassare lo spread tra titoli italiani e tedeschi su un mercato che ribolle e che non fa sconti a nessuno, come dimostra il caso della Francia. 
Gli affari europei ci appartengono, sono i nostri affari e il nostro futuro e Monti è determinato a dare battaglia. Non ingannino i modi affabili. L'ex Commissario europeo alla concorrenza è un negoziatore duro, ed il gigante americano Microsoft lo ricorda ancora oggi benissimo.
Quanto al fronte interno, Monti non vuole strappi, né politici né sociali. "Questo non è il governo dei poteri forti", ha precisato. Se l'ha detto, lo dimostrerà con i fatti, anche a chi è convinto del contrario, ogni volta se ne presenterà l'occasione. Il neo-premier si è dimostrato, oltre che un uomo di stato, un attento tessitore. Ha parlato a tutti, Chiesa compresa. Non sono casuali i riferimenti alla conciliazione della vita familiare con il lavoro e alla "promozione" della natalità. Il suo governo dei tecnici non ribalta gli impegni già presi dall'esecutivo Berlusconi e si àncora alla legge di stabilità appena approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento.
Continuità ma anche prospettive diverse: dal programma sul quale ha chiesto ed ottenuto la fiducia delle Camere emergono il tema della crescita come scelta strategica abbinata, e non posposta, a quella del risanamento, ed il raccordo con le forze sociali, alle quali si chiede un percorso condiviso. Mentre la forte insistenza sui giovani e le donne, che hanno pagato e pagano i prezzi più alti della crisi, conferma che su questo terreno si punta ad allargare e modificare le reti di protezione ed insieme a riformare un mercato del lavoro spezzato in due tra garantiti e non garantiti. Le nuove regole più flessibili sul mercato del lavoro varranno comunque per i contratti futuri e non per quelli in essere.

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