martedì 19 giugno 2012

I valori del pil, di Marco Valerio Lo Prete


Perché per Berlino l’economia è “una branca della filosofia morale”. Parlano De Romanis e Maffettone


Come se la crisi attuale non fosse già un rompicapo sufficientemente ostico per gli economisti, ora pare ci sia anche una “questione morale” che sarà necessario dirimere prima di lasciarci alle spalle la recessione. Merito (o colpa) di Angela Merkel, alla guida della prima economia europea. “Una volta ho detto al presidente americano Obama: bisogna tener presente che per i tedeschi l’economia è ancora un ramo della filosofia morale – ha spiegato il presidente del Consiglio italiano, Mario Monti, nel fine settimana – La crescita non è il risultato della domanda aggregata keynesiana, è il premio a comportamenti virtuosi”. E se lo dice “il più tedesco degli economisti italiani”, come si è autodefinito recentemente Monti, c’è da crederci.
Per la leadership teutonica economia e morale vanno a braccetto, con questa tesi è d’accordo anche l’economista Veronica De Romanis, autrice nel 2009 del libro “Metodo Merkel” (Marsilio), che però – in una conversazione con il Foglio – preferisce parlare di “etica della responsabilità”. Per De Romanis c’è proprio la diffusa difficoltà a comprendere ciò dietro la trasformazione dell’immagine della cancelliera da “donna più potente del mondo” (come la definì la rivista Forbes durante il suo primo mandato iniziato nel 2005) a “donna più egoista d’Europa” (come la percepisce oggi parte dell’opinione pubblica del continente). “Il punto è che il concetto di solidarietà tedesco è diverso da quello usato nei paesi latini, è una strada a doppio senso: assistenza finanziaria in cambio di responsabilità e regole. La solidarietà senza responsabilità si trasforma invece in assistenzialismo”. Per fare un esempio: inutile parlare di debito in comune tra gli stati europei (Eurobond), se Italia e Francia non sono disposte a cedere parte della loro sovranità fiscale e a mettere un freno alla loro spesa pubblica. O ancora: niente aiuti finanziari alla Grecia se prima Atene non va avanti sulla strada delle riforme strutturali.
A qualcuno suonerà come un ricatto, specie se l’economia reale dei paesi mediterranei non accenna a riprendersi mentre Berlino regge (e bene) l’urto della crisi, ma Merkel è profondamente convinta di ciò, anche per ragioni autobiografiche: “La cancelliera è nata in una famiglia della Germania ovest che si era trasferita a est della cortina di ferro – osserva De Romanis – Ha vissuto per 35 anni in un regime che spiava suo padre, pastore protestante, e che soprattutto praticava un modello assistenzialistico che affossava la libera impresa e la creazione di ricchezza”. Il vissuto conta, dunque, e non fa che rafforzare convinzioni già radicate nell’opinione pubblica tedesca, informate ai “principi dell’economia sociale di mercato”, rafforzate dall’esperienza “di un paese che agli inizi degli anni 2000 era il ‘malato d’Europa’ e che grazie al rigore fiscale e alle riforme strutturali è tornato a crescere”. Convinzioni sancite infine dalle “regole costituzionali vigenti in Germania – conclude De Romanis – secondo le quali non esiste la possibilità di trasferimenti fiscali ad altri paesi”.
Eppure, sostiene per esempio Paul Krugman, premio Nobel per l’Economia, è proprio quest’invasione di campo della morale a complicare le cose in Europa: “Il problema di come affrontare le crisi viene formulato spesso in termini morali: ‘Quei paesi sono in difficoltà perché hanno peccato, e si devono riscattare attraverso la sofferenza’ – scrive l’editorialista del New York Times nel suo ultimo libro “Fuori da questa crisi, adesso!” (Garzanti) – Un modo insensato di affrontare le difficoltà concrete dell’Europa”. Krugman, non a caso, accusa Merkel di fare del “moralismo” quando insiste con le sue politiche di austerity fiscale a danno della ripresa economica.

La “sostenibilità” secondo Merkel
Sebastiano Maffettone, ordinario di Filosofia politica e preside della facoltà di Scienze politiche della Luiss, è critico sia della posizione di Krugman sia di quella merkeliana: “L’economia è da sempre una branca della filosofia morale, da Adam Smith fino ad Amartya Sen – dice al Foglio – Il punto è che ci sono scelte economiche coerenti con una buona morale e scelte economiche coerenti con una cattiva morale”. Maffettone, che tra l’altro ha tradotto e fatto conoscere in Italia l’opera del filosofo statunitense John Rawls, auspica che a Berlino si opti d’ora in poi per “istanze più universalistiche”, come quelle appartenenti ai filoni dell’utilitarismo (“per cui l’obiettivo è promuovere la felicità del maggior numero di persone, per esempio oggi aiutando la Grecia”) o dell’etica kantiana (“con il suo messaggio simile a quello del Vangelo, tratta il prossimo tuo come te stesso”). In ambienti governativi tedeschi, però, si rivendica una scelta morale chiara: un’economia è “sostenibile”, da un punto di vista ambientale e fiscale, soltanto se non lascia debiti da pagare alle generazioni future. Difficile condannare questa come una “cattiva morale”. “Ma il problema principale dei tedeschi, quando fanno questo tipo di ragionamento, è il ‘confine’ – replica di Maffettone – Se il confine da tenere in conto oggi è quello europeo, allora il governo tedesco non ha ragione. I greci infatti ora si trovano nella situazione peggiore, domani potrebbe toccare anche all’Italia, e la generosità di un approccio morale si riconosce in base al suo tasso di inclusività. Approccio utilitarista e kantiano suggeriscono di ‘allargare’, Merkel no”.

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