giovedì 14 giugno 2012

Il Portogallo sopravvive alle gambe larghe di Ronaldo e ringrazia sir Alex, di Lanfranco Pace


GRUPPO A
 Polonia-Russia: 1-1 Reti: Dzagoev (R)  37' pt, Blaszczykowski (P) 12' st. Arbitro: Stark (Germania).
Poco più di novanta anni fa l’armata rossa cinse d’assedio l’attuale capitale polacca al canto della Varsavienne, i bianchi la liberarono sconfiggendola sonoramente sulla Vistola. Trenta anni fa, ai tempi di Solidarnosc, girava una battuta, su chi, fra i tedeschi dell’est e i russi, i polacchi avrebbero sparato per primi in caso di invasione da parte delle truppe del patto di Varsavia: sui tedeschi, dicevano, perché prima viene il dovere poi il piacere. Visti i progenitori, i tifosi che si sono presi a bastonate fuori dello stadio sono fiori di saggezza. In campo, un solo accenno di rissa, per il resto legittima foga. La Russia è appannata rispetto all’esordio, il brillante Arshavin, capitano dello Zenith, s’incarta in assolo disperati e disperanti. Va lo stesso in vantaggio, Dzagoev sfiora un po’ di testa e un po’ di spalla, comunque quanto basta, un suo calcio piazzato. Il ventiduenne talento del Cska di Mosca  valeva dodici milioni prima dell’Europeo, ora che ha segnato tre gol e guida  momentaneamente la classifica cannonieri vale il doppio. Poi dice che bisogna salvare le banche.

Al 10’ della ripresa la Russia potrebbe chiudere la gara,  contropiede veloce, quattro russi contro tre polacchi, ma Arshavin sbaglia malamente il passaggio decisivo. Gol sbagliato ecc. la Polonia recupera palla, il capitano Blaszczykowski detto “Kuba”taglia il centrocampo avversario come burro e dal limite, di sinistro, tira un missile terra aria nell’angolo: è il gol più bello visto fin qui. Il pari sta bene agli uni e agli altri. La Russia è ancora in testa e in pole position per passare il turno, nella terza e ultima sfida dovrà vedersela con la Grecia, fanalino di coda con un punto. La Polonia dopo due pareggi per passare deve battere assolutamente la Repubblica Ceca che è a tre punti. Giochi ancora aperti.

Cassano ha chiesto scusa,
 dice che non è da lui cedere all’omofobia. Anto', omo che? Passi per i giornalisti da servizio pubblico che ci hanno triturato per ore con comici atti di contrizione per conto terzi. Ma la Federazione e uno spregiudicato uomo di potere come Giancarlo Abete non sanno che quando si calpesta una merda con la scarpa è meglio far finta di nulla che cercare di togliersela?
GRUPPO BDanimarca-Portogallo: 2-3. Reti: Pepe (P) 24’ pt, Postiga (P) 36’ pt, Bendtner (d) 41 pt, Jacobsen (d) 35’ st, Varela (P) 42’ st. Arbitro: Craig Thomson (Scozia).
Il Portogallo se non vince esce, la Danimarca ha in mano il match point per passare ai quarti. CR7, ovvero Cristiano Ronaldo, c’è ma non si trova: fa smorfie, tiene sempre le gambe larghe quando calcia le punizioni, nel paso doble tiene le gambe rigide come Robben le braccia. Ci sono gli altri però. C’è Pepe, ruvido difensore del Real Madrid, che al 24’ anticipa tutti. E uno. C’è Nani, che sarà il migliore in campo e si capisce perché sir Alex Ferguson non ci rinuncia mai volentieri: al 36’ prende tempo e serve un assist d’oro a Helder Postiga, un po’ stagionato, sì, ma letale nel tenere basso il pallone e mandare per funghi Kjaer (ex Palermo e Roma). Ora si capisce perché Paulo Bento, 43 anni, il più giovane commissario tecnico dell’Europeo, continua a preferirlo a Nelson Oliveira, il giovane gioiello del Benfica.
Due a zero e sembrerebbe fatta. Se a qualche minuto dal riposo Bendtner non si trovasse davanti la porta letteralmente vuota, con i difensori  portoghesi che guardano altrove. Nella ripresa CR7 sbaglia due occasioni, mica una, per il 3 a 1. Si dice che i grandi campioni possono in ogni momento fare la differenza. Se vogliono. Ronaldo il bello non vuole. Così al 35’ la Danimarca agguanta il pareggio. Ma Bento non è solo giovane: ha anche fiuto e evidentemente lo stellone dalla sua. Manda in campo Silvestre Varela del Porto: che è nero, grosso e tosto e a tre minuti dalla fine svirgola, recupera e segna. Il Portogallo esce dall’apnea. Verdetti rinviati a domenica.

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