martedì 12 giugno 2012

Il libro della settimana: Cosimo Magazzino, La politica economica di Margaret Thatcher


Il libro della settimana: Cosimo Magazzino, La politica economica di Margaret Thatcher,pref. di Francesco Forte, postfazione di Gian Cesare Romagnoli, Franco Angeli, pp. 192, euro 25,50 -www.francoangeli.it  
Un fantasma ideologico si aggira per l’Europa, quello di Margaret Thatcher… Sappiamo di non essere molto originali, ma la pur logora immagine coniata da Marx e Engels  rende bene l’idea di quanto il neo-liberismo  della “Farfalla di ferro” (termine coniato da Radio Varsavia, prima del diluvio Gorbaciov) influisca tuttora   sulle scelte politiche ed economiche.  Ad esempio, il nostro Monti, la Merkel e lo sconfitto Sarkozy possono essere definiti thatcheriani? No. Diciamo che una fondamentale distinzione da  fare  è quella fra la Thatcher e i thacheriani:  da un lato "Lei",  donna dalla grande personalità politica, capace di influenzare persino Reagan, dall'altro,   i suoi  eredi ideologici, sparsi qui e là per il mondo, spesso semplici copie sbiadite della foto originale, come i tre politici appena ricordati: profeti disarmati di  un liberalismo tecnocratico (Monti), avvocatesco e dei “buoni affari” (Sarkozy), “listiano”, da Friedrich List ( Merkel). Insomma, magari  ci  fossero ancora  in giro  politici della levatura della Thatcher.  E  a prescindere dai contenuti delle sue politiche.
Ed è quest’ultima, la giusta chiave (che chiameremo “napoleonica”) per accostarsi al “ciclone Margaret”. Come del resto mostra il notevole libro di Cosimo Magazzino, La politica economica di Margaret Thatcher (Franco Angeli). Un bel saggio che si muove, nonostante il titolo “economicista” (del resto l’autore è professore di Politica Economica), nell’alveo di un duplice registro: quello poetico-napoleonico, nel senso della straordinarietà, in chiave manzoniana, della Thatcher («La procellosa e trepida/ gioia d'un gran disegno,/ l'ansia d'un cor che indocile/ serve, pensando al regno»). E quello più prosaico, fatto di teorie economiche,  cifre e  tabelle  sul neo-liberismo applicato per  tre  governi  consecutivi (1979-1990). Parliamo di un libro ben organizzato, diviso in tre densi capitoli, prima, durante e dopo la Thatcher (più corposo il secondo, quello del "durante"), corredato da un' appendice dedicata alle elezioni generali inglesi dal 1970 al 2005), nonché  da un ricca bibliografia, aperta anche ai contributi, non strettamente economici: un bel lavoro, a un tempo, scientifico come un trattato, e avvincente come un buon libro di storia.
Certo, come sottolineano, più o meno impietosamente, prefatore e postfatore, il cuore di Cosimo  Magazzino batte per la Thatcher. Ma, come si  dice, nessuno è perfetto...  Del resto, l'approccio simpatetico, relativamente simpatetico ( perché Magazzino mostra di essere studioso molto serio),  non guasta alla riuscita del libro. Dove, come nel Cinque Maggiomanzoniano ( e non facciamo ironia, anzi...),  poesia e prosa, epica e vita, sono ben fuse  insieme. Ma lasciamo la parola all’autore: « Giunta alla guida del paese nel 1979 (…), il compito per Margaret Thatcher si presentava improbo. Una disoccupazione in continuo aumento e un’inflazione che sembrava inarrestabile facevano da cornice a un generale sentimento di frustrazione e di diffuso pessimismo. I governi che l’avevano preceduta - tanto di marca laburista quanto conservatrice - avevano in maniera più o meno convinta, applicato ricette keynesiane nei decenni precedenti. Alla fine degli anni Settanta (…) il Regno unito era soprannominato “il Grande malato d’Europa” (…). A colpi di neo-liberismo (basato su una certa definizione del monetarismo e dell’offertismo) e di neo-conservatorismo (incentrato sui valori tradizionali racchiusi nel motto “Dio, Patria e Famiglia”) la Thatcher rivoluzionò il Regno Unito e, attraverso la sua influenza sulla reaganomics, anche egli equilibri mondiali (…). La visione del mondo che ispirò la Signora Thatcher sembra più vicina a quella di un “conservatorismo liberale” che cerchi di far convivere il liberismo e i valori della tradizione. Fece, inoltre, nascere la City londinese; ridimensionò i potenti sindacati dei lavoratori (le Unions); e d’altro canto fece fallire imprese inefficienti, togliendo loro una volta per tutte sussidi statali; privatizzò un ragguardevole numero di imprese pubbliche ; infine, fece in modo che il Paese diventasse una “democrazia di proprietari”, permettendo agli inquilini di acquistare le abitazioni di proprietà dei comuni, a prezzo agevolati. Con la guerra delle Isole Falklands sferzò i suoi concittadini risvegliando l’antico orgoglio imperiale».
E i dati economici, sul prima e  il dopo (almeno fino all'esplosione della crisi attuale),  raccolti  ed esposti   nel libro, comprovano le tesi di Magazzino. Parliamo degli effetti positivi su tutte le variabili macroeconomiche di una politica, quella thatcheriana, ripresa poi pedissequamente, come capita agli imitatori,  anche dal neo-laburista  Blair…
Evidentemente, la Gran Bretagna, dopo anni di placido torpore laburista-conservatore,  aveva bisogno di una scossa. E la Thatcher fu la donna politicamente giusta al momento  giusto. Un Napoleone in gonnella e  neo-liberista che grazie ai moschetti delle armate del libero mercato, fece progredire  i valori di un liberalismo non libertino, volti a rivendicare, principalmente sul piano individuale,  tutta l'importanza morale  del  nesso tra  libertà e responsabilità. Una gigantesca battaglia delle idee  che i suoi  figli e nipoti ideologici, spesso presunti, hanno travisato, privilegiando una libertà esclusivamente  economica scollegata   da qualsiasi manifestazione, anche minima, di un sano senso di  responsabilità.  E qui va ricordato che la “Farfalla di ferro”, che non toccò il sistema sanitario nazionale e  sfiorò   quello pensionistico,  difendeva, già negli anni Settanta del secolo scorso,  valori assai lontani   da quelli predicati dal  neo-liberismo finanziario, speculativo ed egoista, che ha condotto alla crisi attuale. Probabilmente, la Thatcher, da brava puritana,  mai avrebbe rifinanziato banche colpevoli di essersi irresponsabilmente imbottite di titoli spazzatura. Di sicuro le avrebbe trattate alla stregua dei generali argentini: fuoco ad alzo zero.
Concludendo, per dirla ancora con il grande Manzoni, «Fu vera gloria?» Secondo Magazzino sì. Del resto, come onestamente si riconosce nel libro, «se furono luci, non soltanto di luci si trattò. Non amata da un buon numero di suoi contemporanei, oggi la figura di questa premier dura e inflessibile (tanto da ricordare  - se non fosse per l’antipodica visione del mondo - Maximilien-M.-I. Robespierre, soprannominato l’incorruttibile) tende tuttavia ad essere rivalutata. Sono sempre di più gli studiosi e gli analisti che citano le idee ed i valori propri del thatcherismo. L’Italia, forse anche per l’antipatia personale aperta, dichiarata nelle rispettive memorie tra la stessa Thatcher e Giulio Andreotti, non ha mai tenuto in considerazione la “figlia del droghiere” ».
Sottoscriviamo. Ma con una chiosa, non proprio di secondaria importanza: il problema resta - crediamo - non tanto quello del thatcherismo, che può essere reinventato nei modi più diversi e moralmente controversi, quanto quello di scovare una nuova Thatcher. Parliamo della  possibilità che dalle infiacchite classi politiche attuali possa prima o poi venir fuori un politico -  uomo o donna -  all’altezza della “Farfalla di ferro”. O se si preferisce, per scomodare di nuovo Manzoni, della stessa levatura dell’ «uom fatale», pardon, della donna fatale… Il che, da umili lettori di libri storici, ci sembra, soprattutto di questi tempi, molto difficile, se non del tutto impossibile. O no? Comunque sia,  « ai posteri l’ardua sentenza»…

Nessun commento: