venerdì 29 giugno 2012

Stratosferica, Italia, di Lanfranco Pace


Adesso se po' fa'


Avremmo potuto perdere contro chiunque, ma con la Germania mai, mai, mai

 Stratosferica, Italia. Li abbiamo buttati fuori per la quarta volta in competizioni di alto livello, per la Germania siamo quello che era Santana per Pietrangeli, la bestia nera e maledetta, siamo la prova  provata che quando ci incontra si scopre debole, intimidita, ridotta al comune denominatore calcistico:muscoli, volontà e poco altro. 
Ci sarebbe voluta una Germania eccelsae non male educata  a maramaldeggiare con i piccoli. Ci sarebbe voluta una Germania consapevole di non giocare contro la Grecia e un simulacro di carenaggio. Ci sarebbe  voluto gioco ampio,  cambi repentini di ritmo e di fronte, ci sarebbe voluto genio. Non ce l’hanno. Ozil, il tanto decantato Ozil, ha vagato in campo smarrito come un pulcino, e finalmente si è visto che Pirlo vale dieci volte tanto, che fra De Rossi e Schweinsteiger non c’è confronto possibile, infine che Riccardo Montolivo, timido e incompiuto, ha solo bisogno che qualcuno gli dia fiducia con continuità. Se è stata la più brutta Germania vista agli Europei – e da molto tempo in qua in campo internazionale – è esclusivamente per merito degli azzurri.
Il pack dei sette e mezzo, i quattro dietro più Pirlo De Rossi e Marchisio e un po’ di Montolivo, anzi degli otto e mezzo, perché di Buffon non ci si può proprio dimenticare, decisivo tanto quanto Neuer è apparso colpevole di supponenza nel primo gol di Mario Balotelli,  questo blocco insomma è di acciaio temperato, regge l’urto e riparte, zigzaga nello stretto, esce palla al piede. E non spreca nulla. Presi uno ad uno non sono fenomeni, a parte Pirlo e De Rossi, ma nasce da questo collettivo un’alchimia che ha qualcosa di strabiliante: sono imbattibili di testa, reattivi nell’anticipo, si sorreggono l’uno con l’altro, ed è questa la grande bellezza del calcio. Mi duole ammetterlo, da milanista, ma questo blocco Juve fatto di bric e di brac, con recuperi vintage, è grande, ha ottima e robusta fattura: quel signore con il parrucchino o con il trapianto, non so mai, ha fatto un lavoro incommensurabile, sui piedi e nella testa, e Prandelli è stato più che mai intelligente  a farlo suo. Se poi ci si aggiungono le giocate fini di Montolivo, una decina, le quattro serpentine di Cassano e finalmente un Balotelli, essenziale e straripante, quattro occasioni, due errori e due gol, davvero non ce n’è per nessuno.  
Siamo e restiamo italiani però: e se non ci complichiamo la vita non siamo felici. Il risultato è bugiardo, abbiamo tirato in porta una decina di volte, sprecato quattro, cinque, palle gol: almeno due limpide di quelle che non si concedono a nessuno per definizione.
Ora siamo ebbri e felici. Anche il rigore – quello di tutti i giorni – ha altro sapore. Siamo insensibili allo spread.  Aver visto i tifosi tedeschi prima ammutolirsi, poi piangere vale come vendetta postuma della lira. Non ci ha sorpreso: in Polonia e Ucraina sapevamo che sarebbe potuto accadere di tutto, essere eliminati nella fase a gironi, perdere malamente con l’Irlanda o fare una figuraccia con la Francia o l’Inghilterra. Tutto sarebbe stato nel novero del possibile e poi come si dice la palla è – vagamente –rotonda. Ma arrivare in semifinale e perdere con la Germania, questo non sarebbe mai successo: mai, mai, mai.
Gli azzurri sanno di non avere ancora fatto nulla di importante: come diceva l’Avvocato il secondo classificato è solo il primo degli ultimi. E’ questo lo spirito di tutto un popolo che considera la dignità della partecipazione una roba per snob luetici e noiosi e vuole sempre e solo vincere. Domenica contro la Spagna sarà di nuovo grande battaglia. E grande calcio contro un avversario molto più tecnico dei sopravvalutati tedeschi. Non ci sono fantasmi, tra noi e loro. Solo una vendetta piccola e tutta latina da consumare. L’ho già scritto: questa volta se po’ fa’.

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